Featured Image

American Horror Story Freak Show

2014
Titolo Originale:
American Horror story – Freak Show
CAST:
Sarah Paulson (Bett e Dot Tattler)
Jessica Lange (Elsa Mars)
Evan Peters (Jimmy Darling)

Il nostro giudizio

American Horror Story Freak Show è una serie tv del 2014, andata in onda per la prima volta in Italia nel 2015, ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk.

A forza di sentirselo dire, è successo: American Horror Story, quest’anno, si sottotitola Freak Show, forse un po’ anche in risposta a quanti hanno sostenuto in questi anni che la creatura horror di Ryan Murphy e Brad Falchuk fosse un gigantesco e  pure un po’ scalcinato baraccone. Abbiamo usato anche noi questa metafora (in positivo), parlando di Asylum, per sottolineare come la serie antologica targata FX potesse corrispondere felicemente a un tour in una casa degli orrori da luna park, divertito e divertente, costruito sui topoi del cinema del terrore, riciclati rimasticati e pure un po’ consumati, ma sempre efficaci soprattutto per un pubblico smaliziato, che gode nel rivisitare con consapevolezza luoghi noti. La galleria di personaggi che lo show ci ha proposto è sempre stata composta da caratteri marginali, strambi e terrorizzanti, rifiutati dalla società e dal tempo, soprattutto a partire dall’annata ambientata nel manicomio di Briarcliff. Ma quest’anno, American Horror Story è letteralmente un freak show: quello capitanato dall’inquietante Elsa Mars (una sempre straordinaria Jessica Lange), un’immigrata tedesca su suolo statunitense, proprietaria di un “Cabinet of Curiousities” in cui raccoglie cosiddetti “scherzi della natura”, allestendo ogni sera uno spettacolo per il pubblico di – sempre cosiddette – persone normali.

Come la già citata Asylum, anche Freak Show è una stagione ambientata nel passato, a differenza di Murder House e Coven che invece si svolgevano ai giorni nostri. Nello specifico, è il 1952, e se la scelta del periodo vi sembra bizzarra, sappiate che è più che voluta. Perché l’immaginario del freak show evoca indubbiamente un tempo più antico, situato tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento; e infatti il circo delle meraviglie di Elsa Mars è uno degli ultimi in circolazione, i suoi abitanti sono una specie in via d’estinzione, un po’ come la razza di streghe di Coven: il tendone, le carrozze, i camper, le tende, le decorazioni, tutto quanto il set di questa stagione (il più grande finora realizzato per la serie, come ha specificato lo stesso Ryan Murphy) è invariabilmente fuori posto e, contemporaneamente, ammantato di un’aria decadente, in declino, in decomposizione (tra le fonti d’ispirazione dichiarate dagli autori ci sono le atmosfere del b movie cult Carnival of Souls, 1962, dove un padiglione abbandonato ricopre un ruolo cruciale). Non c’è una gran folla ad accalcarsi, la sera, per assicurarsi un biglietto per lo spettacolo della signora Mars; a maggior ragione perché, nel momento in cui si apre il pilot, un serial killer sta tormentando i dintorni di Jupiter, la cittadina della Florida in cui Elsa si è stabilita, e la polizia, inerme, non trova di meglio che imporre il coprifuoco, mentre gli “onesti cittadini” neanche troppo sottilmente accusano i circensi come responsabili dei delitti. Qualche anno dopo la Seconda guerra mondiale, il tipo di attrazione che Elsa offre ha smesso di essere fonte di eccitante stupore, la maggior parte dei suoi freak sono semplicemente affetti da malattie scientificamente definite, da deformità forse ripugnanti ma perfettamente razionali, e la reazione del pubblico scivola verso i territori scomodi della tristezza e della compassione. Senza mai abbandonare, naturalmente, quelli del rifiuto e della paura.

«All monsters are human» diceva sorella Jude, ma in Freak Show l’acuto adagio subisce un imprevisto e lieve slittamento di senso, non sta più a sottolineare (solo) che, qualsiasi sia l’orrore soprannaturale di cui ci nutriamo su grande o piccolo schermo, la vera crudeltà, la meschinità, la cattiveria gratuita si annidano in realtà dentro la più quotidiana “normalità”. I protagonisti di Freak Show sono tutti, invariabilmente, “mostri”: Sarah Paulson si sdoppia in Bette e Dot, le Gemelle Siamesi, un corpo, quattro arti, ma due teste pensanti e drammaticamente in conflitto tra loro; Evan Peters è l’Uomo Aragosta, un giovane dal viso affascinante ma dalle mani deformi, somiglianti a grosse chele, che sogna un’impossibile vita normale; Kathy Bates è la Donna Barbuta, più che mai materna e gentile, eppure afflitta da una malattia mortale; Angela Bassett è (convinta di essere) un’ermafrodita, e ha tre seni; Michael Chiklis, new entry nel cast, è l’Uomo Forzuto, dalla personalità irascibile e impulsiva fonte di mille guai, ed è anche segretamente omosessuale, terrorizzato all’idea di poter essere scoperto, dunque intimamente isolato anche tra i suoi stessi “colleghi”; completano il gruppo Ma Petite, la donna più piccola del mondo, l’Uomo Foca dalle braccia minuscole e dal corpo integralmente tatuato a eccezione del volto, la gigantessa Amazon Eve, i microcefali Salty e Pepper, Legless Suzi, una donna senza gambe, e un paio d’altri personaggi affetti da diverse forme di nanismo. La stessa Elsa Mars, all’insaputa di tutti, è mutilata dalle ginocchia in giù: ogni sera si sfila elegantemente le protesi che utilizza per camminare, ogni mattina ricomincia la recita che la incorona come “protettrice” del circo dei freak, inconsapevoli del fatto che lei è, tecnicamente, «una di loro». Nello stile urlato di Murphy & Falchuk, la serie torna a ribadire il proprio tema di base: la vera mostruosità si annida nella presunta “normalità”, che marginalizza ed esclude il “diverso”, mentre i freak, nonostante l’apparenza esteriore e lo stigma sociale, conservano un’umanità profonda e sincera.

La dimensione terrorizzante di Freak Show è più una questione d’atmosfere che di personaggi o trama, e, proprio per sostenere l’umanità dei “mostri”, gli autori trovano i propri villain fuori dal tendone del carnival show. Senza, ovviamente, discostarsene troppo. La soluzione è facile, perché l’ambientazione fornisce loro la possibilità di utilizzare una delle figure storicamente più paurose e contestualmente più frequentate dal cinema horror, e cioè il clown. Icona ambivalente costretta in un inquietante sorriso forzato, dal Pennywise di King fino al recente exploit di The Clown, il pagliaccio terrorizza grandi e piccini, guadagnandosi un termine medico tutto suo, la coulrofobia. Ryan Murphy ha affermato di voler creare il clown più pauroso di tutti i tempi, e se non ci è riuscito ci è andato vicino: Twisty, il “cattivo” della prima metà di Freak Show è indubbiamente uno dei personaggi più terrificanti usciti da American Horror Story, deformazione lercia e slabbrata dei tipici clown da circo. Sotto la maschera paralizzata in un sorriso abnorme e un copricapo che sembra fatto di carne lacerata (Non aprite quella porta), cela un volto ancora più disgustoso, ma anche una storia personale drammaticamente triste e commovente. Anche Twisty è un freak, e come i suoi omologhi protagonisti dello show, mantiene una sua perversa innocenza. Come Elsa, è consumato dall’angoscia di farsi spettacolo per il pubblico, di essere da questi amato. E finisce, oltre a massacrare bambini e ragazzini, per originare un doppio, per certi versi ancora più spaventoso: i veri cattivi di American Horror Story, ancora una volta, sono coloro che appaiono “normali”, soprattutto perché la società li accoglie, li accetta, li giustifica, li eleva.