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Big Little Lies – Piccole grandi bugie

2017
Titolo Originale:
Big Little Lies
REGIA:
Jean-Marc Vallée
CAST:
Reese Witherspoon (Madeline Martha Mackenzie)
Nicole Kidman (Celeste Wright)
Shailene Woodley (Jane Chapman)

Il nostro giudizio

Big Little Lies – Piccole grandi bugie è una serie tv del 2017, creata da David E. Kelley

Madeline Martha Mackenzie (Reese Witherspoon), una delle eroine della serie, dichiara in una delle prime scene di Big Little Lies – Piccole grandi bugie di non tollerare l’ ingiustizia. Ma la parola “injustice”, ingiustizia appunto,  potrebbe risultare davvero estrema in un mondo talmente fashion, quello in cui è ambientata la vicenda,che al confronto anche le classi sociali di altre serie HBO popolate da privilegiati (Girls, Divorce) appaiono austere. Adattato da  David E. Kelley (The Practice, Ally McBeal) da un racconto di Liane Moriarty questa appassionante, spesso corrosivamente divertente satira sociale/romanzo giallo è ambientata a Monterey, in California, un enclave  di ricchi  guru della tecnologia, manager di fondi speculativi, avvocati e così via. “Ingiustizia ” qui è anche una causa politica per  poter firmare assegni deducibili dalle tasse, o un battibecco di quartiere tra genitori che proiettano il loro bagaglio psicologico sui propri figli, i quali frequentano una scuola pubblica così immersa nel benessere che neanche un’alleanza di accademie private reggerebbe il confronto. Le altre tre protagoniste dello show —l’ape regina Renata Klein  (Laura Dern), Celeste Wright (Nicole Kidman), incastrata in un matrimonio tanto passionale quanto effimero  con un uomo violento (Alexander Skarsgård), e Bonnie Carlson (Zoe Kravitz), una donna di colore molto più giovane delle altre che ha sposato l´ex marito di  Madeline, Nathan (James Tupper) — sono anche oscenamente ricche ma si barcamenano tra muesli e tappetini da yoga come comuni mamme di periferia. Il solo personaggio normalmente appartenente alla classe lavorativa  è Shailene Woodley, una madre single diffidente e solitaria appena trasferitasi a  Monterey con il suo bambino. Se si esclude il molesto omicidio, le offese qui rappresentate sarebbero più del tipo che si è abituati a vedere nelle sitcom della CBS,  ma i personaggi le considerano battaglie in nome dell’ American life  e tengono stimolanti discorsi sull’eventualità  di perpetrare o ricevere offese: e così la possibilità di rappresentare Avenue Q nel teatro cittadino  o uno screzio in merito agli inviti di un compleanno sfociano in una rivalità impensabile se si considerano le cause che l’hanno generata.

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La crisi definitiva si scatena  quando il figlio di Jane, Ziggy (Iain Armitage), viene accusato di aver tentato di strangolare Amabella,  (Ivy George), figlia di Renata. Poiché questo incidente non viene mai mostrato, noi non sappiamo se credere alla bambina che accusa o al suo compagno di classe (il fatto avviene durante il primo giorno di scuola) che nega con una fermezza quasi da adulto. Kelley e il regista della serie Jean-Marc Vallée (Dallas Buyers Club) trattano la controversia Ziggy-Amabella come una versione in scala ridotta del mistero dell’omicidio che accompagnerà l’intero show, una narrazione a volte stuzzicante, a volte estenuante e realizzata attraverso interrogatori e spezzoni ellittici di essi, che potrebbero essere tanto flashback quanto anticipazioni: all’inizio non si sa chi è morto, quando è morto o chi è il colpevole, e la comunità è tanto atterrita quanto eccitata da questo delitto. Durante frammenti di interrogatorio condotti  da una detective (Merrin Dungey), un personaggio quasi muto associato a un accendino che  strofina e fa tintinnare senza quasi mai farlo accendere, genitori e impiegati  della scuola sembrano come degli assetati di reality-show che rivelano il finale a pezzetti,  come fossero dei tweet.

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Nel corso degli episodi l’amicizia e il supporto tra le donne protagonista, in particolare il triangolo  Jane-Madeline-Celeste, si mostrerà in tutta la sua capacità di sostegno e comprensione, e pian piano tutte le piccole grandi bugie dietro le quali ognuna di loro nasconde sé stessa sono destinate a crollare, e scopriremo gradualmente in  ciascuna di loro drammi piccoli e grandi che le rendono molto umane e vicine a qualsiasi altra donna di questo mondo.Tradimenti, violenze domestiche, legami  viscerali con i figli che non sempre consentono di essere imparziali nei loro confronti, frustrazioni della routine quotidiana, man mano tutto viene fuori e ciascuna delle amiche sarà sempre pronta ad accettare, sostenere e mai giudicare quello che si  apprende sulla vita delle altre.

Il prendersi molto sul serio da parte dei personaggi pone Big Little Lies – Piccole grandi bugie sul filo del comedy-drama e gli dà una spinta. Non è uno spettacolo del tutto equilibrato, e ci sono momenti in cui esso sembra vacillante. Sceneggiatori e registi sono abili a mettere in scena momenti in cui  la passione dei personaggi è molto forte alzando allo stesso tempo un sopracciglio davanti  alla loro ridicolaggine; ma quando loro vengono completamente presi in giro — come ad esempio in un battibecco tra Madeline e il suo attuale marito  Ed (Adam Scott) che si conclude  facendo spegnere a lui la luce del comodino con un battito di mani — l’effetto è malignamente catartico. E il  ripetuto e potente  sbattere delle onde del mare su scogli di spiagge su cui troneggiano modernissime ville con affaccio sull’ oceano risulta eccessivo,  anche perché i personaggi non attribuiscono ad esso alcun significato metaforico  (“Chissà cosa si nasconde sotto la superficie del mare ” chiede uno di loro “Il grande sconosciuto ,” è la risposta). La narrazione di Big Little Lies è tutta basata sulla sorpresa (che rivela dettagli attraverso spezzoni) piuttosto che sulla suspense. E poiché questa specifica modalità di narrare , il giallo deduttivo (whodunit) estrapolato dal racconto principale, è ormai uno stratagemma da circa venti anni  noto al pubblico americano e ripetuto molte volte in quest’epoca di maratone televisive (basti pensare al recentissimo The Affair), esso  ha perso la sua capacità di sorprendere. In più, ci sono momenti in cui siamo cosi coinvolti nelle private disperazioni e pubbliche meschinità di Madeline, Renata, Celeste, Jane & Co. che quando la serie ricorda a se stessa di occuparsi di ricomporre i suoi elementi del puzzle  criminale , essa diventa di colpo meno speciale.

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Big Little Lies – Piccole grandi bugie resta comunque una serie da vedere “ad alta priorità “ per i suoi attori straordinari, ognuno dei quali aggiunge nuove sfumature a certe tipologie di personaggi che aveva brillantemente interpretato in passato o mostra nuovi aspetti del proprio talento. Scott è una rivelazione nel ruolo di Ed Mackenzie, un simpatico  ragazzo di successo preoccupato che il rancore di Madeline verso il suo ex-marito possa essere una ammissione in codice che lei ancora lo adora e che considera Ed un  “premio di consolazione”; Scott è talmente un attore/ascoltatore attento che si riesce ad intuire  cosa prova anche quando lui è voltato di spalle. Per quanto riguarda Madeline, all’inizio appare come una versione cresciuta e delusa di un altro personaggio della Witherspoon, la Tracy Flick di Election, film del 1999 diretto da Alexander Payne — tutta proclami e sempre in agitazione — ma la Witherspoon la investe di una tale tristezza codificata (sempre incanalata in crociate o appassionate battaglie sociali ) che  non diventa mai una caricatura, anzi in pochi episodi conquista il cuore degli spettatori. La Renata interpretata dalla Dern è un’ avvocata dal linguaggio pesante sposata a un potente dirigente (Jeffrey Nordling), che si aggira  intorno alla scuola della figlia con un radicato atteggiamento da regina di Game of Thrones , anche se nella sua mente lei è solo una leader dal cuore buono che vuole il meglio per il proprio regno.

La Woodley e  la Kidman hanno ruoli più tranquilli e discreti, basati più sul nascondere che sul rivelare emozioni, ma sono impressionanti quanto le altre. Solo la Kravitz nel ruolo di Bonnie è inizialmente mal servita, ritratta principalmente come lo schizzo di una ragazza carina che provoca risentimento in Madeline, ma in seguito il suo personaggio cresce. Se però dovessimo dare un volto alla serie, è quello  della Kidman che vediamo. Specialista nell’interpretare donne di periferia segretamente infelici in diverse  gamme di film,  lei esprime  l’ angoscia nascosta in maniera così delicata che quando fa gli occhi dolci la regia prova ad evitare al pubblico di guardarla, puntando su un’altra inquadratura o su una reazione in un altro volto. Ma che  la  Kidman parli o ascolti, è a lei che lo spettatore dedica la sua attenzione, perché  sa che il suo personaggio crollerà e sta aspettando di assistere a quel momento, e il suo dolore è cosi palpabile che sopportarlo è difficile.Riprese del genere durano anche molto di più di quanto non ci si aspetti da una serie TV— tra i 45 secondi e il minuto— e sono così intense che quando si cambia scena è come risalire a prendere aria dopo essere stati sott’acqua.

Quando poi si giunge al finale, che incide molto sul giudizio globale che si riserva a uno show in cui l’elemento thriller è in ogni caso presente, anche  lo spettatore meno entusiasta dovrà rivalutare il tutto, perché l’ultimo episodio riesce amabilmente ad abbinare un forte effetto sorpresa a una soluzione molto accettabile anche dal punto di vista dei temi sociali che erano stati svelati nel corso delle puntate, confermando a questa storia anche la funzione di ricordarci quanto l’universo femminile possa essere solidale e disposto a combattere in nome di valori come il rispetto e l’uguaglianza.E alla fine le piccole bugie, soprattutto dopo che sono state rivelate, sono ben poca cosa se paragonate alla sincerità e all’apertura che si sperimentano nel poterle rivelare a qualcuno.