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Chiamami col tuo nome

2017
Titolo Originale:
Call Me by Your Name
REGIA:
Luca Guadagnino
CAST:
Timothée Chalamet: Elio Perlman Armie Hammer: Oliver Michael Stuhlbarg (Sig. Perlman)
Amira Casar (Annella Perlman)
Esther Garrel (Marzia)

Il nostro giudizio

Chiamami col tuo nome è un film del 2017, diretto da Luca Guadagnino

Se non c’è sesso senza amore, allora è anche vero che non c’è amore senza sesso. Senza troppa volgarità e con una cifra stilistica atta ad abbracciare una ricercata bellezza della natura come del corpo sia maschile che femminile, Luca Guadagnino narra questa storia d’amore omosessuale senza concentrarsi troppo sulle ripercussioni sociali o intime, ma interessandosi solo all’attimo, quel momento vissuto che potrà essere ricordato per l’eternità nella mente di Elio, il giovane diciassettenne e Oliver, l’ospite che porterà una tempesta nel cuore e nella pancia del ragazzo. Cercare di parlare di Chiamami col tuo nome, il nuovo film di Guadagnino, senza scendere nel banale è assai difficile. Il regista non è un fuoriclasse, ma semplicemente qualcuno che dimostra ampiamente di saper usare i mezzi a sua disposizione per saziare non solo la vista dello spettatore, ma tutti i suoi sensi. Ogni cosa presente nel film vive di una luce filtrata dallo sguardo del giovane Elio. Lui passa la sua estate così: di giorno in città con gli amici o immerso in piscina, la sera si balla, si beve e si fuma. C’è Marzia che gli piace tanto, diventerà la sua ragazza e la porterà di nascosto nella soffitta polverosa per strappargli il costume di dosso e gettarla su un materasso sporco.

Poi c’è Oliver e la percezione di Elio cambia, rigirandosi nel letto, sentire l’odore dell’altro ragazzo a pochissimi metri, nell’altra stanza, divisi da un bagno comunicante che diviene porta per l’inferno (o il paradiso, a seconda). Come Giulietta, Elio passerà le mattine a guardare Oliver dal balcone di casa sua, non riuscendo mai a percepire cosa stia effettivamente pensando il giovane. Guadagnino lavora esteticamente su tutti questi momenti . Narrativamente, l’opera è di una povertà disarmante, e rientra perfettamente in quella categoria di film romantici già visti e assimilati tante altre volte, ma la grande armonia con cui lavorano i settori principali, quali fotografia, regia, messa in scena e sceneggiatura restituiscono uno spettacolo estetico meraviglioso. Dite addio ai set finti, minimali o perfettini: qui abbiamo le cucine con le spugne sporche nel lavello o le tendine storte sulle finestre, ci sono i rumori delle automobili che sovrastano la voce degli attori, tanto che alcune battute si perdono nel frastuono generale. Ci sono i frutteti, le pesche e le albicocche, con il loro sapore acido, come è acido il gusto e l’odore dell’adolescenza o del letto dopo aver passato la notte con il partner tanto desiderato.

Ma al lato sentimentale, rievocato più volte dai sentimenti e dall’estetica ricercata di una natura sempre benevola nel mostrarsi al meglio al regista, non mancherà la sessualità, perché qualunque storia d’amore che si rispetti metterà anche le pietre per il raggiungimento dell’amplesso, così difficile e pieno di pericoli, fatto di abbracci rubati, spezzati e goffi, del non sentirsi adeguati davanti niente e nessuno, e dell’avere paura. Nella sua semplicità di temi e rappresentazione, Guadagnino riesce a trascendere e mutare il classico film sentimentale verso un di più, facendoci vedere, assaggiare e respirare qualcosa di nuovo e facendoci toccare con mano la sua personalissima idea di bellezza.