Frankenhooker
1990
Frankenhooker è un film del 1990, diretto da Frank Henenlotter.
Frankenstein della Shelley era un’accusa alla cattiva scienza che si allontana dai sentimenti e le necessità umane. In Frankenhooker il protagonista è un mad doctor che non cerca la gloria individuale, è l’amore che lo guida. Elizabeth (Patty Mullen) è la sola ragazza che lo accetti per come è. La sua morte è la fine per lui di ogni possibile interazione. Lei deve rivivere. Se c’è dell’egoismo in questo giovane asociale è in qualche modo puro. Poi, che diamine, siamo in un film di Henenlotter, quindi Jeffrey (James Lorinz) mira anche a soddisfare i suoi bisogni feticisti e necrofili. La necrofilia è palese nella scena in cui lui preferisce baciare la foto della ragazza scattata in obitorio piuttosto che una delle tante appese al muro, in cui lei è viva e sorridente. E la romantica cena tra Jeffrey e la testa della ragazza, mentre lui ci conversa animatamente è profetica e sinistra. Un anno dopo l’uscita del film si verrà a sapere che cose del genere avvenivano quasi tutte le sere a casa di Jeffrey Dahmer. Inoltre, vedere il protagonista aggirarsi goffo in cerca di prostitute da smembrare, con dei grossi occhiali da vista, il taglio mullett e alla guida di una macchina famigliare, fa pensare al cannibale di Milwaukee meglio di un qualsiasi biopic.
Frankenhooker si riallaccia alla polemica tra la madre della Shelley, la pioniera del femminismo Mary Wollstonecraft, e l’Emilio di Rousseau. L’opera del filosofo è la base teorica di Frankenstein, riguardo l’educazione della creatura. Quello che alla “nonna” di Frankenstein non stava bene (e rendeva noto nel suo trattato Rivendicazione dei diritti della donna, 1792) era il passo in cui Rousseau definiva la donna come «creatura destinata al piacere e alla seduzione». Henenlotter e Robert Martin (papà della rivista Fangoria qui in veste di sceneggiatore) sembrano prendere provocatoriamente alla lettera Rousseau e trasformano la “creatura” in una super-prostituta. La Elizabeth originale è paffuta e bulimica. Alla rediviva il giovane scienziato procura un corpo secondo i canoni da arrapamento della società maschile degli anni 80/90, mirante a una donna fisicamente perfetta e votata al meretricio. Jeffrey capisce che non c’è un modo per venirne fuori, se non farne a pezzi un bel po’ e tirar fuori un puzzle ideale. Elizabeth non accetta il mosaico di carne che ha per corpo, Jeff le grida che è viva e lui la ama, questo dovrebbe bastarle. Poco dopo sarà lei a ridonargli la vita impiantando la testa su un puzzle femminile e questo non lo entusiasmerà, nonostante anche lei lo ami.
La rivisitazione del romanzo della Shelley in chiave teen risale al 1957, La strage di Frankenstein (I was a teenage Frankenstein) e già quattro anni prima di Frankenhooker, Wes Craven si è cimentato con una riedizione non del tutto riuscita del giovane bodymaker. Rispetto a Dovevi essere morta (film basato su un romanzo gory e malsano di Diana Henstell, molto più vicino allo spirito di Henenlotter, per la verità), Frankenhooker gode di più libertà e spinge a tavoletta sull’elemento comico mentre Craven mantiene la componente romantica e decadente, per quanto nel tentativo di aggiornare Frankie alla cybernetica finisce con un’estetica alla Corto Circuito. In entrambi i casi, i due dottorini non hanno grande dimestichezza con il sesso fisico: il primo è il classico nerd anni 80 annichilito dalle proprie ossessioni mentre Jeffrey ha uno strano rapporto con i capezzoli, che tende a spingere tipo bottoncini e rallegrarsi se rispondono alla pressione, ma non sente alcun bisogno di baciare la frankiegirl appena sfornata. Questo lo salva da una brutta fine. Si può dire un gran bene di Frankenhooker ma di fatto è un cult-movie mancato e meriterebbe un recupero.