Logan – The Wolverine
2017
Logan – The Wolverine è un film del 2017, diretto da James Mangold
Non solo Dio non esiste ma nemmeno nascono più nuovi mutanti, direbbe Woody Allen. Siamo nel 2029, in un futuro distopico dove l’America di provincia è come quella del presente, depressa, e ai supermercati campeggiano sempre i cilindri di Pringles. Sono state però debellate le mutazioni spontanee, non possono più esserci nuovi supereroi o supercriminali. In realtà multinazionali con sede in Cina creano mutanti controllati: il sogno eugenetico nazista si accompagna alle regole del copyright, quelle stesse che lamenta il contadino per i cereali clonati. Degli X-Men è rimasto un anziano professor Xavier, vicino alla demenza senile, dedito alle sue piantine, che a difficoltà riesce a cavarsela da solo a fare la pipì. Gli fa da badante Logan – il Wolverine dai potenti artigli di adamantio, estraibili dal dorso delle mani – che alterna questa attività con il lavoro di autista. “Siete rimasti in pochi”, “Il mondo non è più come una volta”: si dice in battute del film. Dopo aver preso in mano il personaggio Marvel di Wolverine per un’avventura esotica in Giappone, con Wolverine – L’immortale, ora James Mangold realizza un film più complesso, esistenzialista, intriso di decadenza, dove ai personaggi viene data una maggiore profondità psicologica, rispetto a quella che pure era un marchio della Marvel.
Logan – The Wolverine è un film di supereroi al tramonto. Anche i film dei giustizieri in calzamaglia approdano alla fase crepuscolare come il western e il genere classico del cinema americano è il vero sottotesto di James Mangold, autore di Quel treno per Yuma e di Cop Land, dove lo sceriffo e altri archetipi rivivono in una cittadina contemporanea del New Jersey. Con Logan – The Wolverine racconta una fuga nell’America profonda, dalla natura maestosa, dagli imponenti paesaggi – la fotografia indugia anche su spettacolari tramonti –, che palpita di musica country. Si cita espressamente il film Il cavaliere della valle solitaria, di cui Mangold riprende il nucleo narrativo nel momento in cui Logan e Xavier vengono accolti nella fattoria e coinvolti nelle faide tra possidenti terrieri. Momento che esprime l’anelito dei personaggi per quella normalità che non hanno mai vissuto, per la vita semplice di campagna.
In questa operazione di decostruzione di un genere, in un film di supereroi antieroico, James Mangold rimarca la distanza dai fumetti e dalla cultura popolare. Logan viene scambiato per Freddy Krueger, personaggio in realtà derivativo di Wolverine, come se nemmeno il mito del supereroe sia sopravvissuto a differenza di quello del personaggio di Wes Craven. I bambini hanno un pupazzetto di Wolverine, nel classico costume giallo e blu con le strisce sui fianchi, e soprattutto leggono i comics degli X-Men. E qui siamo al “metafumetto”. Non esiste quell’eden dei mutanti delle storie Marvel, e soprattutto le persone muoiono, mentre nell’universo partorito da Stan Lee è successo solo a Gwen Stacy e pochi altri. E qui, in Logan – The Wolverine, si muore davvero.