Man in the Dark
2016
Man in the Dark è un film del 2016, diretto da Fede Alvarez
Rocky (Jane Levy), Alex (Dylan Minnette) e Money (Daniel Zovatto) sono tre ragazzi che si sono specializzati a rubare in case borghesi. Il prossimo colpo lo hanno pianificato in una casa fatiscente, sperduta in un quartiere povero. In tale dimenticato stabile sembra che il proprietario (Stephen Lang), solitario e cieco, nasconda un bel gruzzolo. Un gioco da ragazzi, in poche parole. Ma inaspettatamente tutto si complica e si trasforma in una lenta discesa nell’orrore più brutale. Sceneggiando nuovamente con il fidato e sodale Rodo Sayagues, Fede Alvarez questa volta perlustra l’horror che si nasconde e/o aleggia nell’ordinaria realtà. Radica la vicenda in una qualunque cittadina della profonda provincia americana, e pone come protagonisti dei personaggi qualunque, che rappresentano tipologie consolidate di quella società negletta. Cioè, Alvarez non vuole azzardare una ferma disamina sociologica, ma utilizzare ambienti e figure da dramma sociale per costruire, restando ben avvinghiato nei confini consolidati di un horror, un cupissimo – e sanguinoso – kammerspiel-film. Come già rileva il movimento iniziale della macchina da presa, che muove dall’alto del cielo e lentamente “picchia” sulla prima sanguinosa scena, la visione registica sarà quella di una fredda indagine del male fatta da piani ravvicinati.
Alvarez decide di rifarsi molto ai modelli di suspense hitchcockiani. Suscitare lo spavento calibrando attentamente i momenti precedenti all’acme dell’azione, per poi farli deflagrare violentemente. Particolari inizialmente non significativi (le campanelle sopra la porta, il martello, le foto sparse per casa, ecc.), che sono tracce sceniche disseminate in inquadrature (di raccordo), ritornano successivamente nel vivo dell’azione. Viene utilizzato, fugacemente, persino l’effetto “vertigo”, cioè quel mix di carrellata indietro e zoom in avanti, che omaggia il cinema di Sir Alfred, e per un attimo risucchia l’occhio dello spettatore in questa “spirale” di morte. La fotografia di Pedro Luque, che aveva già collaborato ad Ataque de panico!, ammanta la casa e l’annesso sobborgo che la circonda di colori che emanano fetore di morte. Molto sangue sgorga, ma Alvarez si premura di farlo scorrere solamente il dovuto, senza eccedere nella contemplazione dello stesso. Un’opera, quindi, completamente fosca, Man in the Dark.
Nel dare fisionomia ai personaggi che dovranno muoversi e lottare in questa inaspettata situazione, Alvarez aggrega un valido cast. I tre ragazzi sono interpretati da giovanissimi attori, noti soprattutto per serial televisivi. Hanno volti puliti, ma perfettamente funzionali nel dare sfumature psicologiche a queste nuove vittime sacrificali. A queste tre “scoperte” si aggiunge la sorpresa/conferma di Stephen Lang, visto spessissimo nei credits, ma che ha sempre ricoperto, purtroppo, ruoli di secondo piano. Alvarez gli affida un personaggio con una fisionomia e una storia passata ben definiti, e il consumato attore newyorkese riesce a donare a questa turgida figura senza nome delle fattezze fisiche e gestuali impressionanti. Consuntivamente, dunque, Man in the Dark si rivela un ulteriore cambio di rotta da parte del giovane regista uruguayano, e trasforma il film, per il momento, nella sua più matura espressione registica.