Non bussate a quella porta
2016
Non bussate a quella porta è un film del 2016, diretto da Caradog W. James
Don’t Knock Twice che in Italia esce per Koch in BR con il titolo Non bussate a quella porta, è il classico film di cui bisognerebbe scrivere a botta calda, appena visto o addirittura mentre ancora lo si sta guardando, per riuscire a fissare subito l’impressione che lascia. Ora dico “positiva” e scrivo una banalità, ma questo è. Perché nella sua struttura strana, confusionaria e aggrovigliata, c’è un filo di Arianna di bellezza e di potenza che corre lungo il labirinto dei fatti astrusi e tremendi in cui si dibattono Katee Sackhoff cioè Jess e sua figlia Chloe cioè Lucy Boynton. L’eroina di Battlestar Galattica è una bella milf e una dura, alla quale questo horror fa ritrovare anche il lato tenero e fragile, perlomeno all’inizio, quando cerca di riavvicinare la figlia che aveva abbandonato diciannove anni prima, in tempi di vita matta e strafatta. Lucy Boynton poco ci manca che le sputi addosso ma poi si presenta alla porta della madre (sposata con un ricco banchiere). Motivo: con il suo ragazzo è andata a rompere le scatole a una strega che abita(va) in una vecchia dimora in mezzo a palazzoni moderni (siamo in una città del Galles), e la forza resuscitata da un doppio colpo sul battente (con il primo svegli il demone, con il secondo ti autocondanni a morte) le ha risucchiato via il moroso nel Nulla durante una diretta skype. «Entra tesoro, qualunque cosa sia la affronteremo insieme».
Sembra un incipit abituale di un qualunque horroretto del post Babadook: madre e figlia contro i mostri. E invece… E invece quando Jess la mattina dopo in corridoio vede una vecchia che si porta un coltello alla gola sgozzandosi, e la prende per vera poi capisce che è uno spettro, cominciano a suonare strani campanelli in testa. Che diventano campanacci man mano che la vicenda procede. C’è una modella di Jess – la quale è una nota scultrice – che ha dimestichezza con cose esoteriche e, non appena vede Chloe, avverte la madre che quella ha la morte intorno e poi scappa con il suo pargoletto in braccio. Intanto si scopre che il demone scatenato dal batacchio della porta si chiama Baba Yaga, come la nemica lesbica della Valentina di Crepax. E che ha dei famuli, dei servi umani che la aiutano nelle operazioni di morte. Ma il bello arriva quando la stregaccia, invisibile o quasi, fa un’incursione in casa di Jess e quasi ammazza Chloe. La Sackhoff capisce che è ora di tirare fuori i coglioni e di passare all’attacco. Lì comincia la parte di Non bussate a quella porta che, come si sarebbe detto un tempo, vale la spesa del biglietto e qualcosa di più.
I campanelli e campanacci. Allora: il redde rationem avviene nella magione della strega, un non luogo che fa subito venire in mente la casa assurda, la casa di Tetrapak come la chiamava Dardano Sacchetti, dell’Aldilà di Fulci. Quella dove apri la porta del tinello e ti ritrovi in cantina, sali in soffitta e sbuchi in bagno. E quelle presenze che nell’albergo Sette porte comparivano ex abrupto alla MacColl? Appunto, come i fantasmi sanguinari attorno a Jess. Fulci, il regista anch’egli gallese, Caradog W. James, rivelatosi qualche anno fa con un fantascientifico molto stylish dal titolo The Machine, non sa verosimilmente chi sia. E lo stesso dicasi dei due sceneggiatori Mark Huckerby, Nick Ostler. Però, il caso universale vuole che dentro Non bussate a quella porta ci sia molto se non parecchio di un film come L’Aldilà. Teniamolo come un tesoretto in surplus, un di più che cumula preziosità a preziosità. Caradog gira da dio, fa cose antiche come gli zoom e le sfocature che nella piattezza attuale sembrano rivoluzionarie (come Refn quando gioca con i fuochi in The Neon Demon e gli imbecilli non capiscono che cosa stia facendo) e si prende delle lunghe pause meditative per guadagnare in profondità il rapporto tra madre e figlia. Il sottofinale è inquietante. Il finale inquietantissimo. Per dargli un tre stelle a un horror di oggi chiediamo molto meno.