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Non essere cattivo

2015
Titolo Originale:
Non essere cattivo
REGIA:
Claudio Caligari
CAST:
Luca Marinelli (Cesare)
Alessandro Borghi (Vittorio)
Silvia D'Amico (Viviana)

Il nostro giudizio

Il titolo del film di Claudio Caligari, Non essere cattivo è stampato a caratteri cubitali su una maglietta che la piccola Debora infila al suo orsacchiotto. Un invito, una raccomandazione, una speranza. Ma il fatto è che nessuno è davvero cattivo, nell’ultima opera – postuma – di Claudio Caligari. Non sono cattivi, Cesare e Vittorio, amici d’infanzia e fratelli di vita, in un 1995 livido e gelido, impresso a contrasto sulle luci elettriche di lampioni, fari, bar e discoteche, eccitato fino allo stremo dall’abuso di droghe sintetiche e cocaina, tormentato dai fantasmi dell’AIDS. Non sono cattivi nemmeno il Grosso, il Brutto, il Lungo, il Corto, nomignoli da strada di un’umanità che è periferica perfino nella criminalità: piccolo spaccio, piccole rapine, piccole truffe.

Non sono cattive, le donne: Linda che trascina Vittorio fuori dalla merda, ma poi chiede secca «te basta quello che avemo?»; Viviana, che crede contro ogni evidenza al futuro costruitole da Cesare dentro una catapecchia pericolante. Forse, a essere cattiva, è Ostia: quella spiaggia infinita battuta dal vento che coltiva siringhe tra gli ombrelloni, quei quartieri popolari che sulla fine del millennio vanno imborghesendosi, tranciando fuori chi non s’adegua o non sa adeguarsi, quel mare da non guardare «che sinnò te vengono i pensieri». Di un altrove che non c’è. Ma se vi è capitato di essere più o meno giovani in una qualsiasi periferia degli anni 90, Non essere cattivo vi sembrerà familiare: stesso paesaggio urbano squallido, stesse facce tese, stessi occhi sul punto di schizzare dalle orbite, stesso drammatico deserto di alternative, di prospettive, di senso.

Perché se le citazioni ai lavori precedenti di Claudio Caligari e i rimandi pasoliniani pongono il film all’interno di un paesaggio preciso e di un preciso quadro di riferimenti, la storia che distillano è di struggimento universale: a un passo dal baratro e da una redenzione (im)possibile. L’effetto lo ottiene perché, appunto, non ci sono cattivi: solo esempi imperfetti, grotteschi e stanchi di un’umanità perduta, incastrata in una ruota che si autoconsuma.