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Tenebre

1982
Titolo Originale:
Tenebre
REGIA:
Dario Argento
CAST:
Anthony Franciosa (Peter Neal)
Christian Borromeo (Gianni)
Mirella D'Angelo (Tilde)

Il nostro giudizio

Tenebre è un film del 1982, diretto da Dario Argento.

Se si eccettua il bellissimo Phenomena (1984) – filologica incursione nella fiaba – Tenebre, di un anno precedente, è il titolo che nella filmografia di Dario Argento fa da spartiacque tra un “prima” e un “dopo”. Il prima è quello dei gialli classici, dei thriller magici, degli horror visionari. Il dopo è l’attualità di Dario Argento, segnata da un declino creativo tradotto in forme innocue. Da Trauma in qua, e senza più eccezioni, il cinema del nostro si è come pacificato e la prima conseguenza è stata una perdita del potenziale seduttivo del delitto, sua caratteristica unica e inimitabile. Quasi presagendo il passaggio epocale a una produzione fantastica che fa i conti con altre esigenze (non ultima quella dei passaggi televisivi che impongono di smussare i momenti estremi), Tenebre gioca tutte le sue carte nell’accumulo degli elementi così tipici dell’autore: più omicidi, più sangue, più sfoggio di tecnica cinematografica, più personaggi coinvolti e addirittura più assassini, due. Tenebre esce all’inizio di un decennio che sarà devastante per ogni settore della vita culturale del Paese. L’irruenza delle televisioni private e un nuovo modo di concepire i racconti per immagini, con la nascita della fiction Tv di stampo moderno dopo l’eclissi definitiva del classico “teleromanzo” Rai, costringono anche il cinema a “ripensarsi”. I generi italiani entrano nella fase terminale, solo la commedia sopravvive ma assimilando, soprattutto per colpa dei Vanzina, l’estetica neocatodica.

Argento in tale contesto picchia invece durissimo con le immagini, quasi a voler ribadire la propria estraneità nei confronti della “comunicazione dominante”. Lo fa, però, senza restare legato allo stile del passato, quello iperrealista dei thriller o quello gotico-visionario degli horror, ma anzi demolendo la medietà espressiva della televisione e il suo restare sempre in superficie. Per questo Tenebre è il più estremo dei film di Argento, il più politicamente schierato: non contro un partito o un simbolo ma contro l’aria che tira, quella che svilisce il genere imponendogli di entrare nei ranghi. Il primo assassino, John Steiner, lavora in televisione e si fa portatore attraverso la sua trasmissione di un moralismo oscurantista, quello che poi lo muove al delitto e alla punizione di tutte le perversioni sessuali. Non dimentichiamo che in passato, nel cinema di Argento, la figura del (o della) giornalista era comunque legata alla carta stampata. Qui no, ed è curioso che il medium che più di tutti crea conformismo rappresenti la novità che veicola un fanatismo anacronistico e assassino. Tenebre è poi immerso nella luce artificiale come mai prima un film d’Argento. L’irruzione del disturbante e del macabro esercita quindi una piccola eversione rispetto ai codici classici di un genere votato al buio, e alla notte. Anche in questo caso, si sovverte una regola imposta dalla neo-televisione. Mentre i programmi Rai, per la sopravvivenza di un’idea di chiaro-scuro legata alle radici in bianco e nero, hanno ancora qualche ombra, le emittenti private lanciano una nuova visione “di superficie” (senza pieghe e nascondigli, dunque) e con un’illuminazione pervasiva ma algida. Argento proprio questa superficialità estetica devasta a rasoiate.

Detto questo, Tenebre è anche il momento di massima attenzione “architettonica” del regista. Non tanto e non solo per la scelta delle location, così suggestiva e anomala (l’Eur, ma vi girarono un altro horror importante: L’ultimo uomo della Terra di Ubaldo Ragona, da Richard Matheson), quanto per l’ostentata ricerca di scenari asettici, geometricamente squadrati e perfetti. Un’idea di “ordine” urbanistico non a caso concepita da un regime, ma anche una serie di linee, di spazi, dominati da un senso di vuoto (in questo senso è strepitosa la sequenza dell’omicidio di John Saxon, in piazza). Gli studiosi contemporanei di Argento sono concordi nel sostenere che questa sua idea di architettura molto si avvicini al “vuoto esistenziale” dei paesaggi di Michelangelo Antonioni, cineasta al quale l’autore horror pare legato da una condivisa concezione della “modernità”. È un risvolto complesso e articolato, ma proprio Tenebre autorizza una lettura in questo senso, e una mappatura urbanistica inedita in un thriller-horror o più in generale in un film “di genere”.