The Greasy Strangler
2016
Ha fatto discutere. Farà ancora discutere. Perché The Greasy Strangler è un prodotto bizzarro, folle e provocatore, di quelli che, sì, abbiamo già visto in altri contesti e in altre epoche, ma mai con tale sfrontata pretesa intellettuale. Sembra un incidente stradale. Di quelli dove, tra le lamiere contorte, si mescolano pezzi di cadavere senza più sapere a chi appartengano. Un incidente nel quale siano rimasti coinvolti, dopo una serata di baldorie, John Waters, Ulrich Seidl, Lloyd Kaufman e un pulmino che si portava appresso tutta l’allegra brigata di Jackass. Dalla fusione delle loro membra sconquassate e dal miscuglio dei fluidi versati è venuto fuori un “body puzzle” che risponde al nome di Jim Hosking, un ragazzetto che di cortometraggi bizzarri ne aveva già fatti parecchi a cominciare da quel G is for Grandad presente in The ABCs of Death 2.
È tutta sua la colpa di questo The Greasy Strangler, film che già dal titolo è tutto un programma: Lo strangolatore unto. La storia? Padre e figlio (Michael St. Michaels e Sky Elobar) vivono in una lurida catapecchia di provincia. Tutto, intorno, è zozzo e fatiscente, ma la strana coppia non ci fa caso. Lo scopo della loro vita è quello di mangiare cibi sempre più unti e grassi. Quando cuociono la pancetta, ad esempio, ci aggiungono un bukkake di grasso, tanto per rendere ancora più estremo il manicaretto. Soprattutto il padre sembra non averne mai abbastanza e costringe il figlio alle più bieche azioni culinarie. Il loro rapporto è del resto un rapporto di prevaricazione e sottomissione. La mattina, quando il giovane va a svegliare l’anziano genitore, questi, per prima cosa gli scoreggia in faccia, e, quando finalmente, il rampollo, trova una “specie” di donna con la quale sfogare i timidi impulsi sessuali, il padre gliela ruba e se la fotte con violenza in modo che il figlio possa sentire e soffrirne nella camera attigua. Questo solo per una questione di immotivata cattiveria.
Una ritratto di famiglia volgare e offensivo, che non dovrebbe spiacere a John Waters, appunto; ma pregno anche di quell’ironico cinismo che è proprio dei film di Seidl. La componente Kaufman entra in gioco quando il padre, nottetempo, si trasforma in un mostruoso “meltingman”, che trasuda grasso da ogni poro e sfoga la sua rabbia sugli abitanti del quartiere, facendoli a pezzi e mangiandosi, poi, le parti del corpo rosolate nel burro. Che dire? Da prendere così com’è. O lo si ama o lo si odia.