Featured Image

The Woman

2011
Titolo Originale:
The woman
REGIA:
Lucky McKee
CAST:
Pollyanna McIntosh
Angela Bettis
Sean Bridgers

Il nostro giudizio

The Woman è un film del 2011, diretto da Lucky McKee

Parafrasando un celebre passaggio di Love story: cosa si può dire di un film che racconta di una famiglia americana, padre (dispotico e psicopatico) madre e tre figli, due femmine e un maschio, che cattura una selvaggia e la tiene legata nel granaio, tentando con metodi coercitivi di ricondurla dalla ferinità alla civiltà? Tutto il bene possibile, ovviamente, se il film è governato in modo magistrale come riesce a fare Lucky McKee. Un regista che dall’ampiamente sopravvalutato May in avanti, non è che fosse di quelli per i quali stracciarsi le vesti, se non per il fatto che nelle sue storie ci buttava inevitabilmente in mezzo qualcosa di lesbico. Ma, The Woman docet, c’è sempre una prima volta. E dopo averlo visto restiamo veramente nudi… Non viene detto niente, non viene spiegato niente e chi ha visto Offspring di Andrew van den Houten che teoricamente dovrebbe essere un prequel di quel che accade nel film di McKee, se lo può anche scordare senza problemi. Perché Sean Bridgers, il conducator di una famiglia che con un eufemismo potrebbe definirsi disfunzionale, scoperta durante una battuta di caccia l’esistenza nei boschi intorno a casa sua di una creatura femminile che vive come una selvaggia, sporca e feroce come una tigre, decide di tenerla in cattività a mo’ di bestia, legata mani e piedi a degli argani? La vuole educare? Crede alla prevalenza del nomos sulla fusis? Certo che un po’ viene in mente, per quelle aberrazioni accademiche che nessuno di noi riesce ad estirpare mai del tutto da sé, Truffaut, Il ragazzo selvaggio.

Ma siamo fuori strada. McKee pensa ai mostri, quelli che popolavano una volta la profonda provincia americana, negli anni Settanta e ancora in parte per il decennio successivo, prima che gli orrori si inurbassero, prima che i processi del terrore da analogici si facessero digitali, prima che le acque si confondessero. Ecco, i mostri nel suo cinema sono ancora presenti, sono stati nascosti dentro le persone finora, ma adesso escono allo scoperto. Mostri che etimologicamente “mostrano”. Mostrano che la condizione di natura è la violenza ma che lo stadio dopo, la civiltà, il nomos, è governato da una violenza ben più orrenda e raccapricciante. Longilinea e formosa, Pollyanna McIntosh è the Woman, la Donna. Coperta di terra, sterco, graffi, lividure ed ecchimosi, in una scena di grande crudeltà – più dei cuori e dei fegati strappati che vedremo in seguito – viene ripulita da Bridgers, sotto gli occhi di tutta la famiglia, con un getto d’acqua ad alta pressione. L’uomo è un tiranno in questo film. Anzi l’Uomo. Tiene la moglie, Angela Bettis – formidabile – sotto il tallone; ha verosimilmente messo incinta la figlia adolescente (Lauren Ashley Carter) e ha plasmato il figlio (Zach Rand) a propria sordida immagine e somiglianza. In tal quadretto idilliaco l’eroina è la belva incatenata sottoterra nella dependance, là dove lui – che come ricordo del primo incontro con the woman ha un dito in meno – la va a trovare di notte, ripulita e rivestita, per stuprarla, la moglie che piange nel letto ma non fa né dice nulla e il figlio che sbircia da un buco.

The Woman carica perfettamente la situazione, un lavoro di calibratura sommo perché si arrivi a un punto oltre il quale succede quel che deve succedere, benché non succeda affatto come ce lo saremmo immaginati. E qui bisogna farsi per l’ennesima volta tanto di cappello, davanti alla storia che McKee ha scritto con Jack Ketcham e davanti all’abilità con cui la macchina da presa descrive l’apocalisse degli ultimi venti minuti. Bachofen e il predominio del matriarcato originario: il crisma filosofico-antropologico che suggella l’ultima sequenza, splendida, in cui l’ordine naturale viene ricomposto dopo una tempesta di sangue, è questo. Ma anche una più banale percezione emotiva va bene, su quei finali fotogrammi che hanno poi una reduplicazione, stavolta fatata e simbolica, al termine dei titoli di coda. A livello di attori, l’immagine della McIntosh fiera e incatenata a masticare fiele, con quella frangetta alla Betty Page e l’allure di una novella Tura Satana, si conficca nel cervello come un chiodo. E la sua nemesi non può che essere la nostra nemesi. Non c’è altro da dire…