Flashforward
2010
Chiude i battenti la serie fantascientifica FlashForward…
Il 6 ottobre 2009 l’intera umanità sviene per due minuti e diciassette secondi. Durante il black-out tutto il mondo vede in maniera nitida il proprio futuro del 29 aprile del 2010: il detective Mark Benford sarà in ufficio a indagare sulle cause del black-out prima che un manipolo di uomini mascherati lo uccida; la moglie Olivia sarà a letto con un altro uomo, Lloyd Simcoe, uno degli scienziati colpevoli del black-out. Dopo aver affrontato le conseguenze apocalittiche del black-out, l’Fbi intraprende un’indagine sulle cause della perdita di coscienza globale con a capo Mark Benford. Ma intanto il mondo è cambiato, perché il futuro è stato scritto e tutti lo conoscono.
Tempo di addii per il canale ABC: dopo il sofferto ma doveroso finale del cult Lost dopo sei anni di misteri e di successi, chiude i battenti (con molti meno rimpianti) anche la serie fantascientifica FlashForward. Le carte per un essere un buon prodotto c’erano tutte: l’idea fantascientifica di fondo del black-out globale era sicuramente suggestiva e permetteva una serie di variazioni che toccavano temi filosofici, scientifici ed etici (ormai sdoganati nel mainstream della televisione) come la presenza di Dio, il libero arbitrio, il destino, il ruolo del tempo, i paradossi quantistici. Nell’episodio pilota, Mai più giorni felici (No More Good Days), con la messa in scena del black-out globale si ponevano inoltre le basi per una serie dall’altissimo impianto spettacolare, con la messinscena di un mondo appena uscito da un’apocalisse. L’aver mutuato, da Lost, alcuni attori, da Sonia “Penny” Walger a Dominic “Charlie” Monahagan, toglie, per chi ancora ne avesse avuto, ogni dubbio sulle intenzioni della rete di usare Flashforward per intercettare la diaspora dei fan della serie di Calton e Cuse alla sua chiusura.
Il tentativo, a giudicare dagli ascolti in costante calo verticale (dei 12 milioni iniziali è rimasto quasi un terzo per il finale), è da considerarsi fallito e la serie non ha guadagnato il rinnovo. La causa del insuccesso è da imputare al fatto che Flashforward, al di là di ogni confronto con prodotti gemelli, è semplicemente imbarazzante. Le promesse fatte dal pilot sono servite solamente a superare il limite di 8 puntate, precedentemente fissato in caso di insuccesso, e avere l’onore di una full season. Ma già dalle puntate successive sono spuntate fuori, una per volta e in maniera regolare, tutte le magagne di una serie scritta male, diretta peggio e con scelte di casting quantomeno discutibili, a partire dall’inespressivo Joseph Fiennes, fratello del più noto (e bravo) Ralph. Il materiale di partenza, ossia il romanzo del canadese Robert J. Sawyer Avanti nel tempo, nonostante avesse dinamiche e personaggi diversi (lì il mondo dava uno sguardo di 21 anni avanti nel futuro, nella serie, per motivi di programmazione, solo 6 mesi), rimane fedele nell’idea nella trasposizione televisiva: l’importanza del libero arbitrio e del margine di manovra che ogni uomo ha nel poter modificare il proprio destino, in un mondo dove ognuno conosce già il proprio futuro. La serie si sviluppa così in due direzioni: da una parte nell’impianto propriamente poliziesco e di detection, con Benford pronto a indagare, partendo dagli indizi raccolti nel futuro, su una misteriosa organizzazione colpevole del black-out che, però, non si sa dove voglia andare a parare.
Si specifichi subito che tale impianto riesce poco a coinvolgere, sia perché ogni puntata presenta un nuovo villain e quindi alla fine non si capisce mai chi sia a capo di tutto, se il fisico Simon Campos, l’autodefinitosi “cattivo della storia” Flosso, il folle visionario Dyson Frost o il pulito Hellinger, sia perché molte risoluzioni presentano degli elementi così inverosimili e appiccicati da stonare persino in una serie di fantascienza. Dall’altra parte nelle evoluzioni dei personaggi nel percorso che li troverà ad avere a che fare, in un modo o nell’altro, con la propria visione. Anche in questo caso la gestione della scrittura è pessima e i personaggi non agiscono ma subiscono i meccanismi della trama in maniera passiva e talvolta illogica. Il detective Benford nel suo futuro ricomincia a bere e per questo si è separato dalla moglie, ma la loro separazione avverrà solo perché entrambi si sono visti separati e tutto questo sembra inevitabile: e questo è solo un esempio tra tanti. Non aiuta di certo la costruzione dei personaggi, a cui non giovano neanche i numerosi flashback (ancora dubbi?) che dovrebbero dare sostentamento e giustificazione alle loro azioni. Prova provata della mancanza di interesse per la serie è data dall’episodio finale Future Shock, con le visioni del nuovo blackout che rimarranno per noi senza seguito e che suscitano un grado di interesse pari a zero: è il caso di dirlo, il futuro non è sempre scritto.