On the ice
A Barrow, estremo settentrione d’Alaska, una banale rissa si volge in un delitto: l’esordiente Andrew Okpeaha McLean dirige una storia struggente di amicizia e violenza, in cui l’odio concede però spazio alla remissione delle colpe…
Quello di Andrew Okpeaha McLean è un cinema elementare, nel senso etimologico, cioè un cinema degli elementi che, partendo dall’acqua e dalle sue diramazioni (la neve e i ghiacci maestosi) sublima il concetto di umanità per trasfondersi in qualcosa di quasi paganeggiante, ove l’essere umano, impotente dinnanzi a tanta avvilente magnificenza, è destinato a sottomettersi all’eterna contemplazione dell’immenso. È proprio la bellezza, con paradossale antinomia, a innervare la pellicola di questo (per ora) misconosciuto talento di Barrow, l’estremo settentrione d’Alaska, una bellezza complessa e avvincente che, proprio come nel suo cortometraggio d’esordio, Sikumi (2008), scivola lungo i crinali congelati, mescolandosi con un cielo bigio e infinito fino a quando le due grandi polarità, Urano e Gea, il cielo e la terra, si fondono in una totalità bianca.