14 blades
2010
Dopo l’ondata del wuxia estetico torna il wuxia stile anni Settanta con atmosfere western firmato Daniel Lee con 14 blades.
Daniel Lee ritorna sul luogo del delitto, a calcare ancora le orme di un genere, il wuxia, che aveva visto il suo esordio folgorante nel 1994 con What Price Survival, e lo fa ridando al genere un suo sapore ruspante come da tempo non si vedeva, dopo l’onda delwuxia estetico inaugurata dal successo de La Tigre e il Dragone, tolto l’unicum di Seven Swords (Tsui Hark, 2005): un sapore fatto dalle atmosfere western (che già hanno abitato i wuxia cinematografici degli anni ’70), complice soprattutto la suggestiva cornice del deserto, i cavalli e gli avamposti di guardia in stile fortino che i protagonisti incontrano sulla via per l’Ovest, e dalla fusione con l’aspetto visivo-scenografico fatto di notturni, ambienti polverosi, fasci di luce, duelli in luoghi isolati, taverne e intrighi di palazzo (ripresi dal wuxia della prima metà dei ’90), senza dimenticare la ciliegina sulla torta della relazione (pseudo) romantica tra Qinglong (Donnie Yen) e Qiao Hua (Vicky Zhao).
In 14 blades gli ingredienti, insomma, ci sono tutti e ci sono per soddisfare una buona fetta di pubblico, da quello più nostalgico a quello che non cerca solo costumi, armature, spade e duelli volanti. A fare da valore aggiunto alla buonissima base di cui si diceva sopra, sono la direzione artistica, curata dallo stesso Lee e che si evidenzia in costumi e scenografie curatissime, quella dei combattimenti, accompagnati da un ventaglio di armi che sono un perfetto mix tra fantasia e meccanica, e le musiche da un oriente che è vicino e lontano allo stesso tempo, tra note arabeggianti e melodie cinesi.