The Raid
2011
Onore al merito dei selezionatori del Torino Film Festival che hanno avuto il coraggio di far gareggiare un’opera estrema come The Raid. Cinema d’azione alla massima potenza.
Quello del palazzo da ripulire, espugnare e/o assediare è un classico del cinema d’azione, da Die Hard – Trappola di cristallo al francese La Horde passando per Attack the Block!, che pure si è visto in concorso qui al Torino Film Festival. Solo che in The Raid non sono gli alieni ad attaccare i ragazzini asserragliati negli appartamenti ma una squadra più o meno speciale della polizia. Si lotta e si spara piano per piano, tentando prima di arrivare al quindicesimo per arrestare o eliminare il boss, poi, vista la difficoltà, pensando solo a scappare e salvare la pelle. Tutto già visto, appunto. E allora, direte voi, perché diavolo sarebbe proprio questo il film più bello e nocturniano del festival? Perché il regista Gareth Evans, gallese folgorato sulla via del pentjak silat, o semplicemente silat, racconta tutto con una energia straordinaria e contagiosa. Stunt come ai vecchi tempi il cinema di Hong Kong, ma con più secchezza, senza abusare della retorica cinematografica dell’action (per dire: ralenti quando servono, macchina da presa a mano ma senza esagerare) e senza mai rinunciare allo spessore drammatico dei personaggi.
Evans nel 2008 fu mandato da Londra a Giacarta per realizzare un documentario sul silat, l’antica arte indonesiana inventata per resistere ai coloni olandesi dotati di armi da fuoco. Una disciplina marziale molto complicata, nata per preservare sempre e in qualunque momento l’equilibrio di chi la pratica, dandogli la possibilità, partendo da una posizione con il baricentro basso, di poter colpire duramente con calci, pugni e gomitate. Soprattutto, però, utilizzando il coltello (o il machete), da qui le affinità con il kali filippino. Ma il silat è più spettacolare, Evans ne intuisce le potenzialità cinematografiche e nel 2009 dirige un film, Merantau, attraverso il quale rivela al mondo l’incredibile talento marziale (ma funziona anche come interprete, un po’ alla Jet Li) di Iko Uwais, protagonista anche di The Raid. Che oltretutto è il primo capitolo di una trilogia, quindi non finisce qui. Gli ingredienti per un film esplosivo ci sono tutti; poi si può disquisire sulla sceneggiatura tagliata con l’accetta e sull’inutilità di certi risvolti (tradimenti vari) le cui motivazioni non sono sempre chiarissime. Ma chissenefrega. Di fronte alle scene di combattimento più perfette che si siano viste da molto tempo a questa parte, sarebbe demenziale fare gli schizzinosi.