Featured Image

Morituris

Titolo Originale:
Morituris
REGIA:
Raffaele Picchio
CAST:
Valentina D'Andrea
Desiree Giorgetti
Andrea DeBruyn

Il nostro giudizio

Dalla feroce penna di Gianluigi Perrone, e con la regia ispirata di Raffaele Picchio, vincitore del premio per il miglior nuovo talento al recente ToHorror Film Fest, ecco Morituris, implacabile come un colpo di gladio.

Segna una svolta nell’horror italiano Morituris, opera prima del regista Raffaele Picchio che al recente ToHorror Film Festival si è guadagnato il Premio speciale Anna Mondelli per il miglior giovane talento. Con pieno merito. Un film che sconvolge, affascina, sorprende. Un pugno nello stomaco che gli appassionati di horror attendevano da troppo tempo. Dai gloriosi anni ’70 il nostro cinema di genere non era così coraggioso, sporco, sincero e di grande bellezza. Proprio da quel cinema, Morituris prende ispirazione, omaggiandolo di cuore (su tutti: L’ultimo treno della notte, di Aldo Lado), è da lì che parte per spiccare il volo in maniera autonoma, originale, anarchica. La prima parte del film, si ispira al fatto di cronaca nera tristemente noto come “il massacro del Circeo”: anche qui, abbiamo tre giovani della buona borghesia, che per puro, sadico divertimento, stuprano e seviziano due ragazze di ceto medio. Violenza anche classista dunque, ma non solo. La parte del film che vede torturatori e torturate nel bosco è durissima, ma non vi è autocompiacimento: nello spettatore cresce la rabbia, il senso di impotenza, il disgusto.

Fin dall’inizio, dal viaggio in auto apparentemente spensierato, si percepisce qualcosa di perturbante, un pericolo incombente, un qualcosa che non torna. La figura di Jacques (interpretato da Francesco Malcom), col quale gli aguzzini comunicano telefonicamente mentre lui è in un lussuoso attico, è capo carismatico di una ciurma violenta e sostanzialmente idiota. Nel buio del bosco, riprese in soggettiva, virate in rosso e al ritmo di un pesante respiro, ci suggeriscono che qualcuno, o qualcosa, osserva predatori e prede. La vendetta arriva: dapprima a piccole dosi, poi scatenata in tutta la sua furia. Ha il volto non mostrato di cinque gladiatori venuti dall’aldilà, i ribelli di Spartaco, non-morti che tornano in nome di Nemesis, preannunciati da lapidi che portano la scritta “Hic Sunt Leones” e da iscrizioni in latino incomprensibili per i non troppo acculturati torturatori. Gladiatori, schiavi, contro l’alta borghesia, ma la vendetta non risparmia neanche le due ragazze, le vittime sacrificali, che dal primo incubo si ritrovano precipitate nel secondo, ancora più allucinante, poiché non sanno dargli un nome. E nome non hanno neppure loro, i protagonisti, tutti indicati come Morituris nei credits finali e differenziati soltanto da numeri: una spersonalizzazione completa, una disumanizzazione di vittime e carnefici. I fieri gladiatori hanno invece un nome proprio: dunque, chi sono i veri mostri?

La crudeltà dei giovani non ha scusanti, né giustificazioni; la violenza dei lottatori non-morti è, al contrario, non dettata da sadismo, ma semplicemente dal desiderio di ottenere, dopo secoli, la Nemesis che loro adorano e davanti alla cui statua mostrano fieri le teste decapitate delle loro vittime, che poco prima erano carnefici. La regia di Picchio è sorprendente, la fotografia ad opera di Daniele Poli è magnifica, la sceneggiatura di Gianluigi Perrone è solida, intelligente anche nei dialoghi, mai scontati. Assai belle le musiche, ad opera di Riccardo Fassone: solenni, sottolineano degnamente le scene più intense e cariche del film. Film che ci regala scene memorabili: per citarne una, la sequenza dello stupro compiuto per mezzo di un paio di forbici; girata in modo magistrale, si fa forte del non visto che la rende ancora più disturbante, degli sguardi di vittima e carnefice, dell’ urlo straziante della ragazza affiancato da un suono extradiegetico sordo, che taglia i timpani. E memorabili sono le uccisioni da parte dei gladiatori, graziate da movimenti di macchina perfetti.
Un film dunque, che segna un punto di rottura nella produzione horror odierna, un ritorno a ciò che eravamo ma imbevuto di qualcosa di nuovo, un urlo di coraggio nel silenzio di un piattume al quale non ci siamo mai rassegnati. Hic Siti Morituris Servi Nemesis.