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L’arrivo di Wang

2011
Titolo Originale:
L'arrivo di Wang
REGIA:
Manetti Bros
CAST:
Ennio Fantastichini (Curti)
Francesca Cuttica (Gaia)
Juliet Esey Joseph (Cynthia Amounike)

Il nostro giudizio

Sei minuti di applausi in Sala Grande. Non se l’aspettavano i Manetti Bros., che a Venezia hanno presentato L’arrivo di Wang nella sezione competitiva Controcampo.

Forse, i fratelli Marco e Antonio, ultimi tenaci alfieri del cinema di genere italiano, neppure si aspettavano la Sala Grande, l’invito alla Mostra, l’accoglienza che si riserva ai cineasti “festivalieri”. Invece il pubblico si diverte di fronte a un film di fantascienza realizzato lontano da Hollywood, ma con effetti speciali digitali rigorosi e soprattutto fantasiosi. L’antico talento artigianale dei nostri maestri del fantastico, alla Mario Bava, conosce oggi nuove possibilità creative grazie alla tecnologia, così che persino un alieno in primo piano possa risultare credibile e stupefacente.

L’arrivo di Wang passa al Lido lo stesso giorno di Terraferma di Emanuele Crialese, che con la sua oleografia dei sentimenti e del politicamente corretto si candida forse al titolo di peggior film della Mostra. È davvero in altri Lidi che si muovono i Manetti, con una storia libera, solida, coinvolgente, “de-genere” nella migliore delle accezioni possibili. Francesca Cuticchia (attrice esordiente, brava), sinologa, viene reclutata dal misterioso dottor Curti (Ennio Fantastichini) per tradurre simultaneamente un interrogatorio in luogo segreto. Il signor Wang, appunto il “cinese” da interrogare, resta nascosto nel buio, ma la ragazza, di fronte ai modi tutt’altro che gentili di Curti, comincia a sospettare, fino a chiedere di poter… vedere. Senza spoilerare troppo (il finale è a sorpresa), pur nella consapevolezza che già sia a tutti nota l’identità dell’“ospite”, diciamo che in ballo ci sono la sicurezza nazionale, una possibile invasione extraterrestre, i servizi segreti, l’aeronautica militare e il solito labile confine tra verità e apparenza. Bravi Manetti: la tensione nel film si costruisce non tanto sull’attesa della rivelazione (molti gli spettatori che sanno, o sospettano) quanto sull’atmosfera angosciosa della stanza degli interrogatori. Mentre una seconda parte, quando la traduttrice riesce a fuggire, ci immerge nei meandri più canonici (e autentici) del thriller: inseguitori, vie di fuga, nascondigli. Il valore aggiunto sono però i personaggi.

La traduttrice, forte del fatto di essere la sola a capire il signor Wang, pensa naturalmente di avere intuito tutto; l’inquisitore, convinto che la violenza sia il solo linguaggio universale (letteralmente…) sente comunque il peso drammatico del proprio compito (magnifica la sequenza di Fantastichini in bagno, e soprattutto magnifico lui!). Ne L’arrivo di Wang osano, i Manetti Bros. Non hanno paura del confronto con gli omologhi spacconi Made in Usa: L’arrivo di Wang è fantascienza pura e semplice, concepita da chi non solo la capisce, ma la ama (per dire: Fantastichini ha una sua società di produzione che si chiama Klaatu Production). Un film da difendere con i denti che per fortuna avrà una distribuzione in Italia e all’estero. Welcome back, brothers…