And soon the darkness
2010
Marcos Efron dirige il remake di And soon the darkness: un horror del 2010 in cui viene rivisitato il tema della vacanza che si trasforma in incubo senza però aggiungere nulla di nuovo. Un film poco affascinante da apprezzare solo per la cura scenografica.
Capita sempre più di rado capire quale possa essere la logica di un produttore americano nel proporre il remake di Quel mostro della strada di campagna, orrido titolo italiano per il più suggestivo And Soon The Darkness, datato 1970 e prodotto in Inghilterra dal team di autori della serie televisiva The Avengers. Ai tempi il film colpì per l’uso inconsueto e innovativo degli spazi aperti e luminosi per ambientare un thriller, nello specifico lo scenario bucolico delle campagne francesi, e per l’avvenenza delle due attrici protagoniste, la mora Pamela Franklin, bel volto (e non solo) conosciuto dagli appassionati dell’horror inglese per aver recitato, tra le altre cose, accanto a Orson Welles nello stralunato The Witching, e la bionda Michelle Dotrice.
Adesso, dopo quarant’anni, la storia trita e ritrita dello straniamento in terra straniera dove accadono cose indicibili avrebbe bisogno di qualche sferzata di novità, visto che, da Turistas in poi, mezzo genere del Torture Porn si è mantenuto passivamente su questa lunghezza d’onda. Anche l’ambientazione diurna ormai è diventata di uso comune. A che pro quindi un remake di And Soon The Darkness? Beh, se il fascino delle terre desolate dell’Argentina, irradiate da una luce solare senza scampo, non basta per riempire il film di un manto esotico inquietante, allora si punta nuovamente sull’avvenenza delle attrici protagoniste, caricando di maggior sensualità la scena, iconica già dell’originale di Fuest, delle ragazze che si fermano a prendere il sole su un prato. Ai produttori americani probabilmente questo basta e avanza. La parte della mora tocca adesso a Odette Yustman, già vista in Transformers e Cloverfield, mentre quella della bionda ad Amber Heard, anche produttrice. L’aggiornamento dell’immagine femminile si riduce allo sfoggio di fisici da urlo, esaltati senza mai perdere occasione dalla macchina da presa, attenta ai dettagli su culi e tette (notevoli ma sempre in bikini) che irretiscono i maschi locali e ne irritano le mogli. Riempita la parte centrale della storia con questa visione ben più mozzafiato dei paesaggi argentini da cartolina, del resto del film rimane ben poca cosa.
Adattato in tutto e per tutto alla struttura di un giorno qualunque (compreso l’incipit che, nella tradizione del moderno horror di tortura, fornisce allo spettatore un assaggio della tensione che dovrà affrontare) ne diventa però un esemplare esangue, stitico e insipido pure: niente torture quindi e neanche porn, nonostante i presupposti ci fossero tutti. Non un colpo di scena, non un colpo di ingegno, né una goccia di sangue né un brivido malsano a cercare di innalzare il livello di questo filmetto che si trascina con noia e dispendio di tempo verso un finale che vale la pena di essere visto solo per la cura scenografica della città fantasma sul lago, unico vero pregio di questo remake insieme al fisico statuario e al fascino da bitch della Heard.