Necromentia
2009
Un horror di intuizioni visive, capace di coniugare estetica video-clippara e moderne tendenze dark: il risultato è Necromentia, una straordinaria sintesi stilistica tra Clive Barker e Gottfried Helnweim.
Travis è un giovane tossico che grazie alla ketamina entra in contatto con un universo parallelo fatto di mostri e diaboliche creature. Qui incontra il demone Morbius, dal quale viene a sapere che suo fratello, un ragazzo disabile costretto sulla sedia a rotelle, è stato rapito dal perfido Mister Skinny, un gigantesco maiale in guisa umanoide. A quel punto, pur di salvare il famigliare, Travis stringe un patto col diavolo, e utilizza il necrofilo Hagen come chiave per poter accedere all’oltretomba. Allo sprovveduto viene promesso di ricongiungersi con l?amata deceduta tempo prima, e di cui l’uomo conserva le spoglie in cantina. Ma i demoni sono bugiardi per natura, e all’inferno non sempre i patti vengono rispettati.
Un gigantesco maiale tutto cosparso di tubi e cannule fetish sbuca fuori dal televisore e canta a squarciagola un jingle istigatore di tendenze suicide sulle note di Beethoven. A farne le spese un ragazzo disabile semi-ritardato e paralitico, che con un sorrisone trasognato assiste allo sventramento del proprio baby-sitter. Allora le salsicciose budella dell’infelice vengono sbobinate per tutto il salotto e usate come un bel cappio con cui issare il baldo giovine su in alto, in un buco nel soffitto, in un mondo al di fuori dal mondo.
Dove finisca il nostro eroe, non si sa, lo si intuisce, e sembra che il fratello Travis sia disposto a tutto per ripigliarselo, impegnato com’è a mutilarsi a rasoiate e trattare con quell’abominio verdognolo di Morbius, diavolaccio verde putredine dalla favella furfantesca. I demoni dicono le bugie, si sa, ma quando si è disperati si crede a tutto, e così nella trappola ci casca anche il paffutello Hagen che, pur non troppo convinto, si fa tatuare a coltellate una bella tavoletta Ouija sulla schiena. Il cerchio si chiude, il caos regna sovrano.
Necromentia non ha una sceneggiatura, o meglio, ce l’ha ma è un poco bislacca, punta a Lynch e fa il verso a Ballard, finendo per identificarsi con un video clip di metallari post-umani di grido. Il risultato rende parecchio, anche se mitigato dagli ambienti tutti chiusi e claustrofobici, niente esterni, niente luce e qualche verbosità da evitare, e se qualcuno sta a sindacare sulla linearità e sulla coerenza di un’opera narrativa è solo perché non ha capito che questa pellicola non c’entra niente col cinema propriamente detto.
Necromentia non descrive, non narra, non riflette. Intuisce, fagocita, mischia, decostruisce la consuetudine, fa di se stesso un’opera d’arte in continuo annientamento, con le sue inquietudini suburbane fatte di tossici e disperati, il suo immaginario kitsch inzuppato di borchie e cinghie di cuoio, fruste, catene e maschere anti-gas. Pearry Teo, regista al suo secondo lungometraggio (il primo è Blade Gen, 2007) inaugura un trionfo di illuminazioni visive, un tripudio orgasmico di necro-follie, una pochade grandguignolesca che si sdoppia e triplica in universi concentrici a scatole cinesi.
Necromentia è un film assurdo, un groviglio arzigogolato tra un Clive Barker mescolato con Cronenberg e pesante contaminazione post-buttgereitiana acclusa nella confezione: ti metti a letto e te ne spari una dose, con moderazione, però, e il trip è garantito. Ti fai un viaggio underground flippato in acido con contorno di Floria Sigismondi e Gottfried Helnweim, s’intende, dove il dark si fonde con il goth, mentre il trash d’essai la fa da padrone. Nel suo delirante maquillage c’è spazio per ogni follia da azionista viennese, carne e sangue e budella, maialesche e umane non fa differenza, roba da far strippare Rudolf Schwarzkogler e la sua truppa di allegri macellai. È carneficina in celluloide che lavora a pieno ritmo, pompa ributtanti visioni per i suoi comignoli contorti e vomita liquidi ematici dai suoi scolatoi gigeriani. E nel lutto cimiteriale dei suoi labirintici cunicoli, ecco sfilare la corte dei miracoli: mostruosità allucinogene accompagnate da aborti clandestini, geni e creature maligne tutte con i loro stendardi e i vessilli. Una reggia di pezzenti e sciancati incoronati re e regine, baronetti e baronesse dell’oscurità, che rende omaggio agli dei malefici di lovecraftiana memoria. Lunga vita alla nuova carne.