Sinbad
1989
Simbad è un film del 1989, diretto da Enzo G. Castellari e Luigi Cozzi.
«Uhhhhh!!! Sinbad è un film che non ho mai terminato. Mancavano ancora da fare tutti gli effetti speciali, la magia del film, il gioco, quando hanno cominciato a dirmi che si doveva trasformare tutto in tre puntate televisive. Poi la Cannon, che produceva, è fallita. Avevo lasciato perdere tutto ma un giorno, alcuni anni dopo, in America, trovo la vhs di Sinbad of the Seven Seas, la compro e scopro che risulta un film prodotto e diretto da me! Cosa avevano fatto i produttori? Avevano chiamato un altro regista, Luigi Cozzi, per girare delle scene che mancavano e montare il film. Cozzi aveva inserito una specie di prologo, orrendo, girato nel suo appartamento, in cui una madre racconta alla figlia la storia di Sinbad. Questo perché? Perché semplicemente raccontando una scena portentosa, non c’è bisogno di mostrare l’effetto speciale. Una cosa davvero assurda! Molte delle scene girate da me sono rimaste, ma montate senza ritmo, tutte rallentate… Una bruttissima esperienza…». Così Enzo G. Castellari, il quale quindi ricusa la paternità del film nella forma attuale, che fu frutto di un lavorio di addizione di scene girate a distanza di due anni dal fallimento della casa di produzione di Yoran & Globus, da Luigi Cozzi (già primo regista designato e autore di una sceneggiatura completamente riscritta da Castellari e Tito Carpi) e dall’americano Tim Kinkaid.
Il monoespressivo Lou Ferrigno, che si presenta come una sorta di Maciste o Ercole che dir si voglia, è un Sinbad forzutissimo e palestrato che si trova in contesti d’ogni sorta (dai cavalieri medioevali alle sale operative futuristiche stile Star Trek, dai mostri di argilla ai raggi laser che uccidono) a causa delle arti malefiche del perfido Jaffar (John Steiner). Jaffar rende schiavo il re, di cui Sinbad è fedele suddito, e ipnotizza la di lui figlia, principessa Jasmine (una splendida Alessandra Martines pre-Lelouch dalle scollature generose e gli spacchi audaci, che in una scena, prigioniera e legata a una sorta di tecnologico lettino di Procuste, vive una comunicazione telepatica a distanza con il suo principe-fidanzato, un feeling mentale che assomiglia molto a un orgasmo…). Ad affiancare Ferrigno ci sono i suoi fidi collaboratori: il samurai Al Yamanouchi e il vikingo Enio Girolami, il figlio di Marino). Una particina (la maga-amica di Sinbad) anche per la figlia del regista, Stefania Girolami. Simbad è un film-minestrone, con situazioni anche divertenti (comunque mai noiose) che mescola nel pentolone scene canoniche del peplum anni Sessanta e del fantasy anni Ottanta, il tutto condito con un pizzico, ma proprio un pizzico, di sexy alla Barbarella. A questo ritorno al futuro, per la verità, avevano già pensato alcuni registi del peplum: uno per tutti, Umberto Scarpelli con il suo magicissimo e innovativo Il gigante di Metropolis (1962). In ogni caso, il film di Castellari si riallaccia più alla tradizione del peplum ironico-politico di un Vittorio Cottafavi di Ercole alla conquista di Atlantide (1961), pur senza mai raggiungerne i i livelli qualitativi, che non a quella avventuroso-muscolare di Le fatiche di Ercole (1959) di Pietro Francisci.
Bella fotografia di Blasco Giurato (il fratello del giornalista Luca). La scena della liberazione di Jasmine-Martines da parte di Sinbad-Ferrigno illustra assai bene come le situazioni da peplum anni Sessanta siano state “aggiornate” tecnologicamente. Sinbad, infatti, si libera grazie ai suoi potenti muscoli della gabbia che lo divide dalla principessa, ma si tratta di sbarre di raggi laser e non di ferro come quelle piegate da tanti Ercoli e Macisti di mezzo secolo prima. Oppure: a un certo punto Sinbad si sdoppia, ed è costretto a combattere (a mani nude) con un suo clone ideato dal mago cattivo. Insomma, acido lattico e ologrammi, bicipiti e computer. Fedeltà assoluta ai ginnico-muscolari anni Sessanta nell’immancabile happy-end laddove Sinbad, come un qualsiasi Ercole o Maciste, sfila, trionfatore, al braccio della sua bella, fra gli applausi della folla.