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The Taking of Deborah Logan

2014
Titolo Originale:
The Taking of Deborah Logan
REGIA:
Adam Robitel
CAST:
Jill Larson (Deborah Logan)
Anne Ramsay (Sarah Logan)
Michelle Ang (Mia Medina)

Il nostro giudizio

The Taking of Deborah Logan è un film del 2014, diretto da Adam Robitel

La pellicola indipendente d’esordio del regista Adam Robitel, scritta a quattro mani con Gavin Heffernan e prodotta da Jeff Rice e Brian Singer, pone un interrogativo di base: si può avere paura della malattia? Di sicuro sì. Non una malattia qualsiasi, ma una delle più subdole e devastanti: l’Alzheimer. The Taking of Deborah Logan stuzzica attraverso essa le corde delle nostre paure recondite, quelle della perdita di coscienza, utilizzandole come presupposto per avvicinare il paranormale alla realtà e viceversa. Il film è strutturato come un mockumentary,  genere che ha avuto il suo momento di gloria con diversi prodotti interessanti da The Blair Witch Project, a REC e Il quarto tipo e che si affaccia adesso alla sua fase discendente. Mia, Gavin e Luis sono una squadra di universitari che, per lavorare alla tesi di dottorato, seguiranno la vita di Sarah (Anne Ramsay) e di sua madre Deborah (Jill Larson) nella loro casa di campagna, filmandone la quotidianità. Deborah è affetta da demenza presenile di tipo Alzheimer in uno stadio intermedio che le sta complicando la vita. Ben presto il team di studenti sarà testimone dei bizzarri comportamenti dell’anziana signora, in un lento degenerare della mente e del corpo.

L’aggravarsi della malattia è evidente in primis dal deterioramento fisico della protagonista, in una interessante interpretazione di Jill Larson (adattissima nel ruolo), nonché nell’ostinazione di sua figlia quando si tratta di prendersi cura di lei. Gli elementi per rendere credibile il documentario li abbiamo tutti, o quasi: dalle urla strazianti dei personaggi alle posticce interviste con i medici e alle foto di repertorio. La stessa scelta operata dal regista di non tenere fuori le autorità, polizia e personale ospedaliero, fa camminare la pellicola sulla sottile linea di confine tra possibile ed assurdo, senza però mai sbilanciarla da una parte o dall’altra.

The Taking of Deborah Logan mantiene questa forma per buona parte del tempo, scoprendo le carte passo dopo passo e senza avere fretta di mostrarsi. Purtroppo, però, l’opera prima di Adam Robitel scivola e traballa nella parte finale, quando le inedite fondamenta gettate dal regista e dal suo co-writer si disperdono nella solita storia di possessione e sacrificio. La malattia, con tutto il suo aspetto psicologico, viene dunque relegata a una buona premessa per rendere le vittime vulnerabili dinanzi all’antagonista di turno. Sarà per via dell’argomento spinoso o per le  molteplici opportunità che questo offriva, ma il film sembra perdere la bussola prima di naufragare verso i soliti lidi sicuri. Da vedere come una divertente occasione mancata.