Poltergeist
2015
Poltergeist è un film del 2015, diretto da Gil Kenan.
Il confronto del Poltergeist 2015 con il Poltergeist 1982 è questione di pochi pixel 3D: il film si apre sulla videata di un videogame, è tutto un gioco quindi. Nemmeno poi tanto… Si riflette endogenamente sull’onnipresenza dei monitor, screen da usare con un touch dall’esterno, il qui, o dall’interno, l’altrove demoniaco. La storia conserva l’infrastruttura di base rimodellata dalla scrittura del Pulitzer David Lindsay-Abaire: i Bowen sono una famiglia middle class americana al tempo della crisi, dentro una casa nuova costruita su un vecchio cimitero, come i Freeling patiscono una child abduction e un delirio progressivo verso il redde rationem finale. Gil Kenan però agisce di pensiero laterale sulla costruzione dei personaggi, evita la clonazione e sposta l’attenzione sul bimbo maschietto di casa, in ombra nel film dell’82, qui sotto la luce, salvifico con occhi gonfi di stupore, già, lo stupore. Può il cinema stupire ancora, narrando di poveri diavoli detotemizzati dall’uso ludico quotidiano e dallo sfruttamento intensivo multimediale?
Può eccome, lo stupore cammina con scarpe nuove su percorsi aviti, ombre fuggenti sul muro come Platone e Murnau, voci distorte, clown come master of puppet, fenomeni paranormali incontrollabili, barbalberi che ghermiscono. Il già visto è rielaborato con gusto, le allucinazioni diaboliche propinate ai malcapitati sono sì raimiane ma innovative – una su tutti: Sam Rockwell, gigionesco babbo Bowen, guarda il suo volto decomporsi di larve e pus dentro il riflesso di un rubinetto cromato, invece che in uno dei mille schermi/specchi di casa. Non basta: Kenan scava a mani nude nei topoi letterari americani, forte dei suoi trascorsi nell’animazione (Monster House) e nel fantasy per famiglie (City of Ember), si inventa un paragnosta nuovo invece di “Gloria Swanson” Tangina: Carrigan Burke (Jared Harris) è una via di medium tra un ciarlatano televisivo e un vecchio lupo di mare (o un Viet-erano), racconta – inventa – scontri titanici partendo dai segni del suo corpo, le mutilazioni, le cicatrici, epico come un Achab d’oltremorte.
Poi, quando l’altrove esorbita e il sillogismo narrativo pare cristallizzato nei ruoli tra chi salva e chi viene salvato, Kenan stupisce ancora, ritorna al futuro e si inventa un drone, proprio un drone che si inocula nella quarta parte e restituisce su monitor la visione di Maddy (Carol Anne 2.0) nel mondo dei morti, notevole, davvero. Il drone è arma subdola e mortale, è anche il giocattolo ad oggi più venduto nel mondo occidentale, questo cinema è intrattenimento come divertimento, allora tutto è bene ciò che finisce bene, e i Bowen, stretti stretti nella giardinetta nuova di zecca, ripartono di slancio verso altre case da occupare, forse arriveranno a Springfield, nella più beata inconsapevolezza dei veri demoni (il capitalismo finanziario, la speculazione immobiliare) che continuano a minarne la stabilità. Poltergeist è, imprevedibilmente, una delle sorprese più belle del 2015.