Cenerentola ’80
1984
Cenerentola ’80 è un film del 1983, diretto da Roberto Malenotti
Necessaria premessa storico-filologica: di Cenerentola ‘80, come di gran parte dei film televisivi di quegli anni, esistono due cut, quello lungo (di circa tre ore) che venne trasmesso dalla Rai e un secondo più breve (120 c.a.), pubblicato in vhs. Oggi, il primo montaggio integrale è recuperabile grazie a edizioni dvd e BR tedesche. Roberto Malenotti (quello di Le schiave esistono ancora) diresse quella che si profilò subito come un’operetta cult, sulla quale cadde l’intera specie femminile italiana, dalla bambinette alle nonne. Mica solo italiana, però. In Germania, Pierre Cosso e Bonnie Bianco – nata Lory Lynn, in Pennsylvania, nel 1963, scoperta e quindi lanciata da Guido & Maurizio De Angelis – divennero poco meno che divinità.
Cenerentola della situazione è Cindy, una ragazza italoamericana con la passione del canto, figlia del pizzaiolo Vittorio Caprioli, costretta a subire le angherie della seconda moglie americana, stronzissima, (Kendal Kaldwell) del padre e di due sorellastre (una è l’allora albeggiante Edy Angelillo). Ciononostante, Cindy segue la matrigna in Italia, dove continuano a trattarla come una pezza da piedi e dove, però, fuori dalla gabbia del carcere domestico, incontra Cosso, apparentemente un poveraccio senz’arte né parte, che suona in un complessino. Certo, il fatto che lui però viva in una serra adibita a loft grande come una caserma e arredata di tutto punto, un minimo dovrebbe indurla in sospetto; perché, in realtà, il ragazzo è principe, rampollo di nobiltà romana vicina al Papa (madre Sylva Koscina, padre Adolfo Celi), anche se con la famiglia ha tagliato, da ribelle, quasi del tutto i ponti.
La sceneggiatura di Ugo Liberatore e Ottavio Alessi innesta, nell’amore contrastato tra la nuova Cenerentola e Cosso, già nella versione da due ore un sacco di personaggi satelliti (spiccano la buona cartomante Sandra Milo e il povero principe Caracciolo, con il quale la matrigna vorrebbe far accasare una delle due sorelle), figurarsi in quella da 200 minuti. Comunque, l’arnese sentimental-danzereccio-canterino gira con ottimo pathos, nonostante la regia un po’ loffia; e culmina in un grande finale romantico, di quelli da fazzoletto inzuppato.