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Purple Rain

1984
Titolo Originale:
Purple Rain
REGIA:
Albert Magnoli
CAST:
Prince (The Kid)
Apollonia Kotero (Apollonia)
Morris Day (Morris)

Il nostro giudizio

Purple Rain è un film del 1984 diretto da Albert Magnoli

Il folletto di Minneapolis aveva un sangue rosso fuoco nelle vene. C’è poco da fare, Purple Rain resta uno dei dischi più belli di tutti gli anni Ottanta. E il film che Albert Magnoli gli ha costruito sopra, fortemente voluto da Prince stesso (che dunque resta il vero autore), è sì una favoletta easy di passioni, arrivismo, delusioni, tragedie  familiari, rivincite, ma pure una bomba di sonorità irresistibili. Prince, quando era ancora con The Revolution, e prima di svaccare con The New Power Generation, possedeva una forza da palco da far impallidire Mick Jagger: guardare l’esecuzione delle magnifiche Computer Blue e Darling Nikki per credere. Magnoli era il montatore di James Foley per Amare con rabbia, e venne suggerito come regista per Purple Rain proprio da Foley stesso, impegnato altrove: ma il suo impegno visivo è di pura impaginazione della figura a stivaletti di Prince, che sembra supplire a una statura non certo imponente con un’arroganza trasformistica letteralmente in-your-face. I Would Die 4 U: Wendy e Lisa erano pronte, e non avrebbero mai saputo rispettare lo spirito del loro padrino nella successiva carriera solistica a due.

Prince rimane per tutti gli anni Ottanta un impressionante innovatore, inaspettato, sorprendente, mai domo. L’enorme successo di Purple Rain lo porta a montarsi la testa: decide di fare il regista, ma Under the Cherry Moon (1986), dove svetta la leggendaria Kiss, è un pastrocchio dalle velleità arty. Anche i successivi Sign ‘o’ the Times (1987) e Graffiti Bridge (1990) mancano della naivete che aveva reso Purple Rain così avvicinabile. Prince, dopo l’exploit della pioggia porpora, che chiudeva un melodramma in cui gli unici attori professionisti erano il grande Clarence Williams III e Olga Karlatos, e dove la protetta Vanity lasciò il posto a Apollonia (con le sue pessime Apollonia 6; ma pessimi sono anche i rivali Morris Day con The Time), e che si stendeva nel finale live altamente commovente su un pubblico in religioso ascolto del brano che dà il titolo all’album e al film, avrebbe continuato a produrre su disco cose imprescindibili (il doppio Sign ‘o’ the Times contiene pezzi geniali, tra cui la title track), ma al cinema non funzionava più.

È come se Purple Rain avesse già detto tutto. Dove volano le colombe è lo stagno in cui Prince ha buttato molti sassi, spandendo cerchi concentrici che sono come onde elettriche. Forse è una boutade, ma Prince (perlomeno quello fino a Graffiti Bridge) non è mai stato un fenomeno pop: il suo è un cuore nero rock. Non è un caso che Purple Rain parta con Let’s Go Crazy.