Kiki & i segreti del sesso
2016
Kiki & i segreti del sesso è un film del 2016, diretto da Paco León
Lo spunto di riflessione che più mi è balenato in testa dopo aver visto Kiki & i segreti del sesso di e con Paco León (al suo terzo film) è stato: «In Italia un film così non lo avrebbe prodotto nessuno». Nonostante i nudi si limitino, alle tette. Inoltre, saputo che uno dei produttori era lo stesso di quel capolavoro (anche di erotismo) che è La vita di Adele (la Vertigo Film), mi sono rafforzato nella mia idea: all’estero non manca il coraggio che da noi latita. Affermare che Kiki & i segreti del sesso sia un film forse è sbagliato, nel senso, come si diceva un tempo, dello specifico filmico, nonostante non sia girato svogliatamente. Piuttosto assume il ruolo di un docufilm in forma di commedia (anche comica) sulla scia – e qui voglio essere nocturnianamente provocatorio – di (1968) di Bender e dei suoi successivi omologhi che utilizzavano il pretesto della didattica scientifica per mostrare nudità. L’archetipo, ad ogni modo, è il film australiano di Josh Lawson del 2014 The Little Death, con ovvio riferimento alla petite mort, la piccola morte, come chiamano i francesi l’orgasmo.
È passato quasi mezzo secolo e quei pretesti non servono più, anche se affrontare il tema delle “perversioni sessuali” resta ancora oggi un tabù (almeno nella cattolica Italia, ma non nella cattolica Spagna): già nel 1970 lo psichiatra statunitense Robert Stoller contestava il termine “perversione” (ammantato persino di illegalità) ritenendo che, in campo sessuale, ognuno ha le proprie attitudini e non si capisce perché e in nome di chi o di che cosa sia lecito bollarle come un qualcosa di negativo e malato. La premessa per sottolineare come Kiki & i segreti del sesso (ma chi è Kiki? Non esiste nel film, essendo nient’altro che un adattamento iberico del termine inglese quickie, cioè “sveltina”: il che fa parte di un battage pubblicitario di bassa lega poco in linea con quanto sto teorizzando, ma che ha fatto ottenere al film, in Spagna, 6 milioni di euro al box office) sia un film coraggioso e divertente allo stesso tempo, abbinamento, questo, assai difficile, in quanto, notoriamente, sesso e umorismo non vanno d’accordo.
Si tratta di cinque episodi (che finiscono per intrecciarsi): Natalia che soffre di arpaxofilia (piacere che si prova nell’essere derubati) che mette in moto un po’ follemente il marito Alex: nascosto da un mephisto, tenta di assalirla fingendosi un rapinatore; Paco (lo stesso regista) che scopre la moglie Ana desiderosa di approcci lesbici con l’amica Belen e finisce a letto con entrambe; Maria Candelaria e Antonio, giostrai senza figli con lei dacrafila, ovvero chi gode se il partner piange; José Luis e Paloma (forse l’episodio più riuscito) dove lui, chirurgo plastico, ama scopare la moglie (fredda e in carrozzina) mentre dorme (sonnofilia); Sandra e l’amico Ruben, entrambi sordomuti con lei efefila (raggiunge l’orgasmo solo se sente addosso la seta) che si conoscono grazie a un’azione solidale da parte di Sandra: lui le chiede di chiamare una chat erotica e di mimare nel linguaggio dei segni ciò che la centralinista (tutt’altro che sexy, ma lui non la vede) gli dice tentando di eccitarlo. Bravissima e divertentissima la rossa Alexandra Jimenez nella scena della “traduzione”. Conclusione: tutti vissero felici e scopanti con finalino in stile balletto bollywood. Ma perché? Perché ognuno si è aperto confessando ciò che gli piace fare a letto. Sembrerebbe semplice no? È invece – ahimè – nella realtà di tutti i giorni non lo è.