Rosemary’s Baby
1968
Rosemary’s Baby è un film del 1968, diretto da Roman Polanski
Ricordo che, su suggerimento di mia madre, registrai Rosemary’s Baby durante una messa in onda notturna, avrò avuto nove o dieci anni. Quando lo vidi la prima volta rimasi folgorato dalla bellezza che emanava: l’aspetto del film che più mi affascinò allora, e che ancora oggi mi stupisce, è il grottesco che caratterizza i personaggi, Ruth Gordon in primis. Rosemary’s baby, tratto dall’intrigante romanzo omonimo di Ira Levin del 1967, è il secondo film della cosiddetta “trilogia dell’appartamento”. Polanski aveva già girato Repulsion (1965) con Catherine Deneuve, film interessante con qualche spunto horror, tuttavia, a mio modesto parere, non dotato di quella carica espressiva che avremo appunto solamente due anni dopo con Rosemary’s Baby e con L’inquilino del terzo piano (1976), ultimo capitolo della trilogia. Una piccola osservazione da appassionato: potremmo far diventare questa trilogia una “tetralogia dell’appartamento” se si considera il più recente Carnage (2011), non un horror né un thriller ma comunque un film sull’abbrutimento dell’essere umano. Polanski, all’epoca, era uno dei registi più affermati d’Europa: carico e pieno di energie, proveniva da successi del calibro di Il coltello nell’acqua (1962) e Cul-de-sac (1966). Sembra quindi incredibile che gli americani – valli a capire – si accorgessero di lui solamente dopo aver girato per la Metro una commedia spassosa sì ma tremendamente ingenua: Per favore non mordermi sul collo (1967), film grazie al quale il regista polacco conobbe la compianta Sharon Tate. Robert Evans, un produttore esecutivo della Paramount, propose quindi a Polanski di fare il suo debutto americano proprio con Rosemary’s baby, che sarebbe stato prodotto da William Castle, noto per i suoi film horror a basso costo. Roman Polanski, che pare abbia letto il romanzo in una sola notte in un albergo di Los Angeles, tornò a Londra e stese la sceneggiatura in circa un mese, sceneggiatura costretta poi a diversi rimaneggiamenti perché troppo lunga. Era la prima volta che Polanski scriveva un film su materiale già esistente. Per il ruolo della protagonista pensò a Tuesday Weld o alla sua fidanzata Sharon Tate. Evans impose Mia Farrow e mai scelta fu più azzeccata: la Farrow impersona perfettamente il personaggio creato da Ira Levin, fragile ma determinata, bambina nel corpo di donna.
La trama la conosciamo più o meno tutti, Guy, un attore di poco successo interpretato dal ribelle John Cassavetes, e Rosemary, un’ex segretaria della CBS, sono alla ricerca di un appartamento a New York. Trovano alloggio in un edificio cupo ma affascinante il Bramford (in realtà il Dakota dove anni dopo venne assassinato John Lennon). Loro vicini di casa sono due anziani signori, i Castevet, rispettivamente Ruth Gordon, premio Oscar proprio per questo film, e Sidney Blackmer, entrambi gentili ma fortemente invadenti. Piano piano i due vecchi si insinueranno come subdole serpi nella vita della coppia stravolgendola definitivamente. Sarà vero quello che si dice sul Bramford e sui due coniugi Castevet? Che cos’è la strana musica che Rosemary sente provenire dal loro appartamento? La radice di Tannis, la mousse al cioccolato, la gravidanza e poi quel sogno, era vero o…? Lo spettatore, anche dopo il film, sarà condannato a non sapere mai se ciò che ha visto è frutto dell’immaginazione di Rosemary o realtà. La genialità del regista, a differenza dell’autore del libro, sta proprio nel non far vedere, nel non far capire. Le riprese iniziarono il 21 agosto 1967 e qui un appunto su quanto sia stata eccezionale Mia Farrow: la tensione in Rosemary’s Baby è di tipo graduale, cresce man mano che il film va avanti: però, la prima scena che venne girata fu quella montata verso l’epilogo del film in cui Rosemary telefona da una cabina pubblica al primo medico che la seguiva nella gravidanza prima che su imposizione dei coniugi Castevet passasse nella mani del Dr.Sapirstein. Considerando che era la prima scena da lei interpretata per il film e che, quindi, non era ancora “emotivamente” coinvolta da un punto di vista attoriale nei panni del personaggio, va detto che la recitò magistralmente: lo spettatore riesce a percepire la paura nella sua voce, nei suoi movimenti, nel suo sguardo, ignorando che lei non aveva ancora girato le scene che noi vediamo prima di quella: la tensione di Mia Farrow partiva da zero a differenza della nostra che proviene da un cammino graduale!
Polanski terminò le riprese di Rosemary’s Baby il 6 dicembre del 1967, circa quattro ore di girato che venne editato dal suo amico Sam O’Steen e ridotto, anche per mano del regista, ai 137 minuti che conosciamo. I tagli si sentono vedendo il film e fanno male: quanto sarebbe bello poter vedere anche il materiale inedito, se ancora dovesse esistere! Pare sia stata tolta anche una scena in cui la giovane Rosemary incontra a Broadway Joan Crawford e Van Johnson. Ad accompagnare la pellicola ci sono le ottime musiche composte da Krzysztof Komeda (già autore di altre colonne sonore per i film di Polanski). Mia Farrow canta la ninna nanna dei titoli di testa. Rosemary’s baby sbancò al botteghino anche grazie all’ottima campagna pubblicitaria che ne fece Stephen Frankfurt, è sua l’idea del manifesto e l’inquietante invito “Pray for Rosemary’s baby”. Il film non mancò di fare scandalo: senza “spoilerare” una certa scena venne censurata nelle copie destinate al mercato inglese del film. La pellicola inoltre venne strumentalizzata dai media in seguito all’omicidio di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski. Tralasciando il pessimo sequel che ne fecero per le tv americane: Look What Happened to Rosemary’s Baby (1976, in Italia: Cosa è successo a Rosemary’s Baby) e la più recente miniserie diretta da Agneszka Holland, la cosa che ancora oggi stupisce è che i cinefili non si siano mai accorti che questo gioiello di Polanski ha, per così dire, un fratellino minore: il film di Richard Loncraine sempre con Mia Farrow Demonio dalla faccia d’angelo (1977). Non posso terminare senza aver fatto un’ultima annotazione sul doppiaggio italiano: grandissime come al solito le voci di Giuseppe Rinaldi (Cassavetes), Corrado Gaipa (Blackmer), Wanda Tettoni (una Ruth Gordon perfetta!) e Maria Pia di Meo (Farrow) però, per quanto possa sembrare scontato, in lingua originale il film ha una marcia in più: la Di Meo che doppia Mia Farrow rende il personaggio di Rosemary troppo adulto, troppo “donna” per così dire. La grandezza della Farrow sta proprio nel recitare con quegli atteggiamenti puerili che si percepiscono anche nella voce e rendono il personaggio, agnello in mezzo ai lupi, ancora più indifeso agli occhi dello spettatore. Nota per i collezionisti: cercate in tutti i modi di procurarvi l’eccellente volume fotografico di Bob Willoughby, una preziosa raccolta di tutte le foto di scena del film.