Una serie di sfortunati eventi
2016
Una serie di sfortunati eventi è una serie televisiva del 2016, creata da Mark Hudis per Netflix.
Gli otto episodi di Una serie di sfortunati eventi, tratti dai romanzi di Lemony Snicket, seguono le vicende dei tre orfani Baudelaire (Violet, Klaus e Sunny) eredi di un enorme patrimonio e per questo perseguitati dal loro spietato tutor, il conte Olaf (tragicomico e sedicente attore di successo). Con arguzia e inventiva i tre fratelli riusciranno a tener testa ai terribili piani ingegnati da Olaf, ma questo li vota a una vita di peripezie e alla perpetua fuga… Difficile prescindere dalla comparison tra la serie di Netflix e il film datato 2004 diretto da Brad Silberling. La prima si mostra più fedele ai racconti relativamente ai temi trattati, all’ordine cronologico con cui ci vengono raccontati e non presenta tagli significativi rispetto alla narrazione originale. Sarebbe facile interpretare la serie come lo scimmiottamento in episodi del film, ed è chiaro che spesso si ha la sensazione di aver già visto i personaggi e le ambientazioni, ma non perché si tratti di un rifacimento del film di Silberling: la mancata potenza icastica è da imputare a un decennio di creazioni cinematografiche gotico-paradossali alle quali Tim Burton ci ha abituato; abbiamo avuto tutto il tempo di familiarizzare con personaggi surreali che agiscono in una cornice spettrale e semioscura.
Ed è proprio nel gioco di luce e di colori che Una serie di sfortunati eventi si distacca definitivamente dal film; ad affrescare questa prima stagione, un vivido contrasto permanente fra colori pastello e scale di grigi, così inconfondibilmente burtoniani che non ci stupirebbe se in scena apparisse improvvisamente Edward Mani di Forbici. A ravvivare il racconto è l’imbranata malvagità del conte Olaf, interpretato da un insolito Neil Patrick Harris che, senza dubbio, si sarà ispirato alla performance di Jim Carrey, anche lui nei panni del conte, nel film del 2004; tuttavia, si deve ammettere che i due villains presentano sfumature diverse: tragicomico e quasi tonto il primo, crudele ed esasperatamente istrionico il secondo, di quest’ultimo, come per quasi tutti i personaggi di Carrey – quelli non drammatici – si ha l’impressione che abbia un’inamovibile “spumeggiante!” sulla punta della lingua. Il conte interpretato da Harris non ci ricorda il personaggio di Barney nella serie How I Met Your Mother – che ha votato l’attore al successo – e non ci ricorda Jim Carrey, tutt’altro: è un profilo nuovo e brillantemente caratterizzato.
Un valore aggiunto è dato dalle note di paradossale comicità inserite dalla presenza in scena di Lemony Snicket, Hudis ce lo propone nei panni di un impettito Patrick Warburton, in giacca e cravatta, che più dell’immagine poetica dell’autore onnisciente con la sua immancabile macchina da scrivere, evoca la figura dei telecronisti di baseball dei primi anni novanta. «Questo show rovinerebbe la tua vita notte e giorno, ogni singolo episodio provoca sgomento, di sicuro c’è qualcosa di più bello sullo schermo. Non guardare», questo il ritornello della sigla scritta da Nick Urata e Daniel Hadler e cantata da Neil Patrick Harris. E forse sì, sullo schermo ci sarà sicuramente qualcosa di più bello da vedere, ma le storie di borghesucci americani che perdono l’aereo, di piccole pesti e di vivaci canaglie che tengono testa ai cattivi ci piacciono troppo per “non guardare”, anche questa volta, come se la caveranno.