Un uso maturo e controllato del genere narrativo permette di realizzare pastiche dove non sono solo i personaggi e le meccaniche tipiche degli ambienti di origine a venir dosati sapientemente al fine di ottenere un’identità unica e specifica di una singola opera, ma anche i toni e le atmosfere contribuiscono a creare effetti inediti per un prodotto sui generis. Una scrittura matura e cosciente come quella di Robert Kirkman, creatore di The Walking Dead. Lontano dalla serie che ha consacrato l’autore al successo su scala planetaria, complice la fortunatissima serie TV, Lo stupefacente Wolf-Man è una contaminazione fresca e godibile fra l’horror classico e la narrativa supereroistica che, a differenza di serie del genere più famose e blasonate, da Hellblazer a Ghost Rider, passando per Morbius e Licantropus, attenua i toni cupi e l’atmosfera oscura in favore di un action dinamico e quasi scanzonato che riprende, grazie al talento di Kirkman nel delineare personaggi profondamente umani pur senza per forza calcare la mano sul dramma, quell’aura di quotidiano tipica dello Spiderman di Stan Lee e Steve Ditko.

Alle scazzottate con i super criminali e alle sottotrame horror, infatti, sulla strada dei protagonisti della serie si incontrano dinamiche reali, problemi concreti plausibili nella vita di tutti i giorni, raccontati con un piglio leggero e un ritmo sempre alto per un prodotto ad alta leggibilità. Il segno grafico di Jason Howard si rivela in tal senso azzeccato.

Dinamici, cartooneschi e mai opprimenti i disegni restituiscono un mood molto pop, che smussa gli angoli più horror arrivando, in tal senso, dove nemmeno i testi di Kirkman riescono ad arrivare, coadiuvato da una colorazione che poco concede alle sfumature, adatta a una serie d’azione che vuole essere divertente senza troppe pretese, nonostante il sangue che, al di là di tutto, non manca di scorrere a litri.