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Message from the King

2017
Titolo Originale:
Message from the King
REGIA:
Fabrice du Welz
CAST:
Chadwick Boseman (Jacob King) Teresa Palmer

Il nostro giudizio

Message from the King è un film del 2017, diretto da Fabrice Du Welz

Il belga Fabrice Du Welz si conferma uno tra i più tosti registi contemporanei, in grado come pochi altri di coniugare “genere” e autorialità. Dopo le incursioni nell’horror e thriller psicologico di Calvaire, Vinyan e Alleluia, vira sul noir/poliziesco con l’ottimo e sottovalutato Colt 45 e ora con il cupo e violentissimo Message from the King (2016). Da Città del Capo, il poliziotto di colore Jacob King (Chadwick Boseman) si trasferisce in incognito a Los Angeles per cercare la sorella scomparsa. Dopo aver scoperto che la ragazza è stata torturata e uccisa, inizia a indagare sulla sua vita privata per trovare i colpevoli e vendicarsi, aiutato da una prostituta che abita nel suo stesso albergo (Teresa Palmer). Muovendosi nei bassifondi della malavita locale, giunge alla banda guidata dal misterioso “Duca” e da un losco dentista (Luke Ewans); ma a tirare le fila di tutto c’è un produttore di film hard (Alfred Molina), e King non avrà pietà per nessuno. Message from the King è un film complesso e ricco sotto l’aspetto sia narrativo sia stilistico. Se Colt 45 era incentrato sulla polizia, qui la professione di King viene svelata solo nella scena finale, e nel corso della storia il protagonista è tutto fuorché un tutore della legge: è più un moderno “Giustiziere della notte”, uno sbirro che abbandona il distintivo per farsi giustizia da solo, al di fuori di ogni regola, armato di rabbia e di una catena di ferro. Permeata da un’opprimente cappa nichilista (come in ogni film di du Welz), in cui tutti i personaggi vivono disperati in un mondo corrotto e violento, la Los Angeles narrata dal regista è un inferno dove Jacob King scende sempre più in basso – una discesa che corrisponde a una risalita nella piramide del crimine, dai piccoli spacciatori ai grossi gangster che tirano le fila, compreso un grosso politico.

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Un mondo dove nessuno può salvarsi e nessuno è esente da colpe – neanche la sorella defunta, scopriremo in un crescendo di colpi di scena. E un microcosmo così non può che essere dominato dalla violenza, una componente topica nelle opere di du Welz. La violenza è onnipresente nel film, sempre pronta a esplodere con picchi elevatissimi: si spara pochissimo, in compenso ci sono numerosi scontri corpo a corpo particolarmente cruenti e sanguinari, e dettagli sfocianti nel gore e nello splatter. Ricordiamo il volto mutilato della donna all’obitorio, il pestaggio di Boseman ai danni dello spacciatore, la brutalità a cui è sottoposto da parte dei due killer-poliziotti, l’uccisione di Zico a calci. Azione e violenza viaggiano in coppia – notevoli la lotta di King contro la gang del Duca (il “Re” contro il Duca, da notare anche la finezza linguistica dei nomi) e il lungo redde rationem finale. Message from the King possiede un ritmo elevato e frenetico che non ha un attimo di cedimento, grazie a una regia perfetta e a una sceneggiatura complessa, che alterna momenti da puro noir e revenge-movie con altri da film giallo, e dialoghi sempre incisivi.

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Du Welz descrive meticolosamente il milieu del crimine, e soprattutto mette in scena una serie di personaggi autentici ritratti in tutto il loro squallore: dai boss in doppiopetto ai volti patibolari degli sgherri, ma soprattutto il viscido pederasta Molina, protagonista di un terribile filmato (che è poi l’elemento scatenante della vicenda) in grado di mettere a disagio anche gli spettatori più preparati. Boseman (Captain America: Civil War) è perfetto nel ruolo di giustiziere implacabile ma in grado anche di provare sentimenti – la disperazione per la sorella e una sorta d’amore per la prostituta e sua figlia, anime solitarie in un mondo di perdenti e borderline. In tal senso, certi momenti sembrano riecheggiare l’immenso Drive di Refn: e il riferimento potrebbe non essere casuale, vista anche la ricorrente estetica notturna e psichedelica che caratterizza una Los Angeles quasi irriconoscibile, più simile alla metropoli di Blade Runner che a una città moderna, e che anche nelle scene diurne possiede un carattere alieno e rarefatto.