La forma dell’acqua
2017
La forma dell’acqua è un film del 2017, diretto da Guillermo Del Toro
Primi anni ’60, piena Guerra Fredda. Eliza (Sally Hawkins) è una donna delle pulizie muta che lavora per un laboratorio governativo. Si sveglia puntuale ogni mattina, si masturba nella vasca da bagno e, nella sua solitudine, esce sorridente come fosse Amélie Poulain. Solo che qui non siamo nella solare Montmartre, bensì in una città piovosa tanto evocativa quanto arrugginita. Poi, l’incontro con una strana creatura marina stile il Mostro della Laguna Nera, lo stabilirsi di un sentimento immediato, e – forse – l’amore, quello che non conosce confini e forme, che stravolge completamente i sensi e muove interi universi. Quanto romanticismo in La forma dell’acqua di Guillermo Del Toro, zuccherosissimo e disneyano, nonostante le inconfondibili tinte dark dell’autore e alcune sequenze che non risparmiano la più grafica violenza, tra dita mozzate e gattini massacrati: il tutto, con la scorrevolezza di un maestro che possiede ormai i tempi perfetti dell’emozione e l’empatia dei migliori storyteller (un paragone con lo Spielberg old school non sarebbe scorretto).
La forma dell’acqua è una favola adulta cucita alla perfezione, impeccabile nella messa in scena e avvolta da un toccante calore capace di commuovere nella maniera più semplice e cristallina possibile. Nessuna pippa mentale, solo una sentita gioia nel raccontare una bella storia che punta dritto al cuore, nonostante il rischio che i più cinici urlino dal diabete. E a respirarsi, per tutta la visione, è un mash-up di citazioni e suggestioni cinefile che vanno dai classici musical hollywoodiani fino ovviamente all’immaginario goth tanto caro a Del Toro. E poi ci sono Tim Burton, M. Night Shyamalan (Lady in the Water, ovviamente), la fascinazione dei sci-fi anni ’50, Shirley Temple e alcune chicche sperdute (il dramma storico The Story of Ruth, proiettato nel cinema sotto la casa della protagonista).
Guardare la Hawkins è come essere perennemente abbracciati, Octavia Spencer fa il suo consueto lavoro da comprimaria simpatica ma cazzuta, e Michael Shannon, beh, ci regala un altro godibilissimo villain come non lo vedevamo dai tempi di Boardwalk Empire. Attorno, la fotografia desaturata di Dan Laustsen, le dolcissime note di Alexandre Desplat, e alcune trovate visionarie che vanno dritte in quell’angolo di cervello in cui conserviamo tutti i nostri ricordi più vividi, immortalati tra sonno e veglia, come immagini incise sotto pelle. Vedere la scena in cui la Hawkins “allaga la casa” per credere: cose d’alta magia, il cinema di Del Toro.