Agente Allen
Quando un autore diventa estremamente famoso per un’opera in particolare, il rischio è che le aspettative del pubblico lo inquadrino con grande rigidità e, l’idea che l’autore stesso possa realizzare, o aver realizzato, qualcosa di diverso, è come minimo straniante, quando dette aspettative non diventano una gabbia tout court che genera rifiuto, o rimozione, verso qualsiasi opera non sia quella che ha reso famoso l’autore. Tiziano Sclavi, per esempio, è identificato con Dylan Dog, il fumetto che lo ha consacrato a star di fama nazionale e internazionale, imprimendosi nell’inconscio di diverse generazioni di fumetti e, pur in costante calo, tuttora una delle letture preferite di decine di migliaia di lettori ogni mese. Eppure, Sclavi non è solo il padre dell’Indagatore dell’Incubo, è un veterano del fumetto italiano e ha prodotto molto, tra cui Agente Allen, striscia umoristica composta da brevi episodi autoconclusivi, disegnata da Mario Rossi, pubblicata fra il 1983 e il 1986 su Il Giornalino.
Agente Allen è profondamente diverso da Dylan Dog. La striscia racconta le avventure di un ex agente segreto alle prese con improbabili trame in cui l’assurdo e il soprannaturale sono di casa. Una forte vena umoristica caratterizza il fumetto, sia per quanto riguarda i personaggi, sia per quanto riguarda le situazioni, Sclavi ha sempre avuto un certo gusto per il surreale e si vede. Il ritmo, vista anche la brevità delle storie, è rapido e scoppiettante, adatto a un fumetto per ragazzi che, pur dovendo divertire senza grosse pretese, denota una grande padronanza del linguaggio del fumetto da parte degli autori, dalla caratterizzazione dei protagonisti, semplice ma azzeccata e funzionale, alla regia, spesso tutt’altro che semplicistica.
Agente Allen non è una semplice operazione nostalgia, quanto piuttosto il recupero di parte dell’opera di una delle figure più importanti nella storia del fumetto, e forse della cultura, del nostro paese, un volume che riporta in libreria un tesoro che rischiava di andare perso.