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Office Killer

1997
REGIA:
Cindy Sherman
CAST:
Carol Kane
David Thornton
Molly Ringwald

Il nostro giudizio

Office Killer è un film del 1997, diretto da Cindy Sherman

Dorine Douglas (Carol Kane) è una segretaria bruttina, sfigata, traumatizzata da un’infanzia caratterizzata da abusi subiti dal padre, e che vive con la madre inferma, conducendo la sua esistenza come un “piccolo topo di fogna”, come viene apostrofata dai colleghi d’ufficio. L’impiego nel giornale Il Consumatore Costante è l’unico suo contatto con il mondo esterno, finché non viene minato da un taglio del personale, che la spedisce direttamente a casa a un forzato telelavoro. Sconvolta, una notte, in ufficio, Dorine assassina involontariamente un collega un po’ maniaco, uccidendolo con una scossa elettrica. Questa morte porta la ragazza a trovare proprio nell’omicidio la sua vera vocazione, e una quasi inconsapevole voglia di riscatto verso una società composta da manichini umani, insensibili e avidi. Cindy Sherman, artista americana, regina indiscussa dell’autoscatto, ha a lungo indagato il rapporto tra modernità, cinema e femminismo attraverso la fotografia, realizzando la sua famosa serie di Untitled Film Stills a partire dalla seconda metà degli anni settanta.

Con Office Killer approda al primo – e unico – lungometraggio, non senza difficoltà. Il mezzo cinematografico, a detta della regista-artista non fa al caso suo, abituata a lavorare in totale solitudine ai suoi lavori, nonostante sia proprio il cinema uno dei punti fermi della sua arte, con riferimenti espliciti ad Antonioni, Hitchcock e Pasolini, che si rintracciano nel primo ciclo di Film Stills realizzati dalla Sherman. Office Killer, forse, non è un film riuscitissimo, ma è l’espressione su pellicola dell’arte di Cindy Sherman. Nel film i personaggi dei suoi Film Stills, le nature morte umane, quasi sempre interpretate dalla Sherman, vivono negli 84 minuti del lungometraggio, che trova nell’interpretazione di Carol Kane il complice ideale per il ritratto psicotico di Dorine, un incrocio femmineo tra Norman Bates e Baby Jane. Zoom su bocche disgustose e volgari, mise femminili al limite del kitsch, gore e pupazzi umani senza vita, richiamano ovunque l’arte dell’artista, sfociando in una indagine sociale, dove misoginia e l’eterno contrasto uomo-donna sono il perfetto ritratto della società contemporanea.

A Cindy Sherman non interessa giudicare i suoi personaggi, sbeffeggiarli o apostrofarli. Interessa solo raccontare. Raccontare l’omicidio e la solitudine di una società tutta borderline, non solo la mente distorta del piccolo topo di fogna Dorine. Raccontare la violenza, l’oppressione, la sessualità e il trasformismo femminile, quest’ultimo oggetto di molta letteratura femminista. Office Killer è un ritratto – l’ennesimo partorito dalla lucida mente della Sherman – della lugubre esistenza di una serial killer in erba. Una mente imperfetta e schizoide, che trova nell’arte di uccidere la sua stessa vocazione, che si riflette proprio nella composizione di corpi martoriati e in putrefazione del finale. Un ritratto mortificante e marcescente dell’esistenza.