Featured Image

Cold Skin

2017
Titolo Originale:
Cold Skin
REGIA:
Xavier Gens
CAST:
David Oakes (Friend)
Ray Stevenson (Gruner)
Aura Garrido (Aneris)

Il nostro giudizio

Cold Skin è un film del 2017, diretto da Xavier Gens.

“Chi lotta con i mostri deve guardarsi dal non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”.

Il signor Nietzsche apre il film con la sua massima, mettendoci subito davanti ad uno dei tòpoi del cinema fantastico: l’incontro-scontro tra uomo e mostro e la successiva scoperta del lato umano del secondo e di quello bestiale del primo. Altrettanto e in modo non banale fa Cold Skin, il nuovo film diretto dal francese Xavier Gens (Frontiers, Hitman, The Divide). Tratto dall’omonimo romanzo di Albert Sánchez Piñol, il film è ambientato nel 1914: l’irlandese Friend (David Oakes) si imbarca per raggiungere una piccola isola nel Sud Atlantico e divenirne il meteorologo. Una volta sbarcato, il giovane fa la conoscenza dell’unico altro abitante dell’isola, lo scontroso guardiano del faro Gruner (Ray Stevenson). A detta di quest’ultimo, il predecessore di Friend sarebbe morto di tifo: la verità si rivelerà invece ancora più terribile, quando il protagonista si renderà conto della presenza di strane e feroci creature marine pronte ad emergere dagli abissi ed attaccare ogni volta che cala il buio.

Cold Skin si rivela allo spettatore come un grezzo e, al tempo stesso, sublime racconto d’avventura dove le scoperte dell’eroe non hanno alcuna connotazione positivistica. Friend è l’io narrante della storia e, man mano che la narrazione avanza, il suo personaggio assume sempre di più i caratteri del malcapitato ed inerme protagonista lovecraftiano. L’abisso in cui comprende di essere caduto si allarga sempre di più, fino ad assumere i tratti di un inferno dagli infiniti gironi. La convivenza forzata con Gruner dischiude poi i segreti più tremebondi ed inaspettati della vicenda, facendoci capire quanto la tragedia in atto sia umana, troppo umana. Tra questi vi è sicuramente la creatura di sesso femminile addomesticata dal guardiano del faro e il loro complesso rapporto di sottomissione e pietà che sfocia infine in un violento “odi et amo”. Friend assiste a tutto da ospite-prigioniero, con quel sentimento umano di voler capire razionalmente il potere sovrannaturale che governa l’isola, salvo poi ritrovare, in essa, solamente il lato oscuro dell’essere umano. È così che la finora apparente lotta per la sopravvivenza si rivela al protagonista come scontro per l’assoggettamento di una specie.

Così come la narrazione di Friend, il film si muove in modo lineare e con ritmo coinvolgente. Le locations sono sfruttate in modo eccezionale, calibrando con dovizia le riprese dal vero e in digitale. Le scene d’azione sono altrettanto godibili, con momenti davvero a effetto come il piano sequenza  che, dagli scogli da cui emergono le creature, finisce il suo percorso al faro dove i protagonisti aspettano l’attacco. Ottima direzione di Gens, regista ad oggi fin troppo sottovalutato e versatile che, a fronte anche di un budget sicuramente non ricchissimo, riesce a dare credibilità visiva agli elementi fantastici del film. Non bisogna però scordarsi della sceneggiatura, firmata da Jesus Olmo ed Eron Sheean, vero e proprio valore aggiunto del film. Non discostandosi troppo dal romanzo, l’adattamento ha il merito di rispettare la complessità dei personaggi e di mettere l’accento sulla capacità distruttiva del colonialismo, il vero mostro estirpatore degli esseri viventi. Dopo tutto questo, Cold Skin riesce a stupirci di nuovo, con un ultimo colpo di scena ed un finale amarissimo. Come nelle migliori tragedie umane.