American Crime Story 2
2018
American Crime Story 2: L’assassinio di Gianni Versace è una serie tv del 2018, creata da Scott Alexander, Larry Karaszewski e Tom Rob Smith.
E’ terminata sul canale satellitare Fox Crime la seconda stagione della eccellente serie American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace, per la quale l’autore Ryan Murphy (American Horror Story, Glee) ha scelto un caso non meno avvincente di quello di O.J.Simpson: l’omicidio dello stilista di moda Gianni Versace. Già dalle prime inquadrature lo spettatore resta a bocca spalancata: sulle note dell’immancabile, ma qui non inappropriato, Adagio di Albinoni, Edgar Ramirez, somigliantissimo in maniera impressionante al vero Gianni Versace, fa subito bella mostra del logo della sua casa di moda attraverso i suoi outfit e soprattutto attraverso la sua a dir poco sfarzosa villa in stile meridionale italiano, quella Casa Casuarina (oggi albergo) che qui nella serie agisce immediatamente come un segreto protagonista. Seguono l’apparizione di Ricky Martin (già presente in diverse fiction di Murphy), credibilissimo nel ruolo del compagno di Versace, Antonio D’Amico, e quella di Darren Criss (già interprete di Glee) una copia precisa di Andrew Cunanan, l’uomo che uccise Versace nel luglio 1997; sono elementi esteriori, certo, ma che assumono una funzione importante per un regista come Murphy che nelle sue creazioni dà sempre un valore importante agli elementi visivi. Ricostruito minuziosamente, American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace ci racconta come si sia giunti all’omicidio dello stilista e come Donatella Versace (Penélope Cruz), dopo la morte del fratello, abbia combattuto affinchè a sua azienda restasse nelle mani della famiglia. La serie inizia con l’agguato mortale teso a Versace davanti alla sua residenza di Miami: sulle scale esterne di Casa Casuarina Versace viene ucciso a colpi di pistola il 15 luglio 1997 da Andrew Cunanan, un serial killer che prima di allora aveva già ucciso altre quattro persone. Con il procedere delle puntate, ci si rende conto che forse il titolo più appropriato sarebbe stato “L’assassino di Gianni Versace”, proprio perché il centro umano, il personaggio da cui poi scaturiranno tutte le dinamiche messe in scena è proprio quello di Cunanan, al quale l´attore Criss, con un’interpretazione che difficilmente passerà inosservata, non solo riesce ad assomigliare fisicamente, ma anche a dare una veridicità attraverso espressioni ed atteggiamenti sempre calzanti, fatti di discorsi, balli, sguardi, outfit, e capaci di adattarsi a quelli che sono tutti i cambiamenti di un personaggio che ci rivela in ordine cronologico inverso (meravigliosa scelta narrativa di Murphy) tante sfumature di una personalità complessa e sempre più malata.
La storia personale di Cunanan, i suoi genitori (madre con problemi psichici, papà grande imbroglione), le sue frequentazioni omosessuali, i suoi omicidi, gli anni del College, la famiglia, l’infanzia, ognuno di questi elementi ci regala tasselli utili a ricostruire il puzzle di una personalità a dir poco malata, ma bollata spesso come omosessuale e basta. Il più interessante personaggio della serie è, infatti, proprio il killer seriale Andrew Cunanan, un mix geniale tra dio del sesso omosessuale e mostro psicopatico; sia nelle vesti di uno studente di moda a Nizza, sia in quelle di un callboy, ruoli che di volta in volta incarna da esaltato mentale quale è, riuscendo a conservare il mistero e l’impenetrabilità. Il suo è un personaggio drammatico e intenso attraverso il quale Murphy, lungi dal volerne giustificare i folli gesti, racconta una vicenda dolorosa umanamente per molte persone, in cui l’omosessualità è solo uno degli elementi all’interno di un quadro umano molto complicato, sia per il carnefice che per la vittima. Anche perché American Crime Story non racconta solo di uno scioccante omicidio che per alcuni giorni del 1997 riempì i titoli della stampa mondiale: accanto a questo racconto l’eccellente serie lancia uno sguardo su quello che una volta veniva definito “ambiente omosessuale” ma che qui altro non è che la realtà di vita di Versace; figlio di una sarta dell’Italia meridionale, lo stilista viene ritratto fin dalle sue origini, con la sua omosessualità sbeffeggiata già sui banchi di scuola, e il suo talento coltivato nell’atelier materno, sempre sostenuto e incoraggiato proprio da sua madre, chiara origine del suo percorso professionale.
A varie riprese durante il racconto vengono forniti al pubblico diversi elementi che ci informano sulla condizione, solamente 20 anni fa, degli omosessuali in America: scritte omofobe (luridi finocchi) sono rinvenibili in luoghi pubblici, il linguaggio usato dai poliziotti in merito agli omosessuali lascia sottintendere tanti pregiudizi, il trattamento ricevuto da D’Amico dopo la morte del compagno è di certo discriminante. E’ chiaro che Murphy vuole ancora una volta destare l’attenzione sui tanti preconcetti di cui, oggi come allora, gli omosessuali sono vittime. Ed è questo uno dei motivi per cui American Crime Story: L’Assassinio di Gianni Versace si conferma già da ora una delle serie di punta del 2018; in particolare gli ultimi due episodi sono un capolavoro di montaggio, con la loro alternanza ritmata di fatti contemporanei, con la drammatica ed intensa rappresentazione degli eventi e con il finale incentrato sulla spasmodica caccia a Cunanan, la cui vicenda personale, come in un cerchio che sta per chiudersi, si “corona” con il suo suicidio, non prima di averci fatto rivedere tutta la sua vita attraverso piccoli flash significativi di eventi di cui lo spettatore è a conoscenza. La sua trasformazione fisica e psicologica, rifugiato in una casa galleggiante, rannicchiato su sé stesso come in posizione fetale di ritorno al grembo materno e tradito ancora una volta da un padre che non poca importanza ha avuto nello squilibrato sviluppo della sua personalità, si rivela un momento di elevata cinematografia.