Il cuore misterioso
L’impronta di un autore, nel bene e nel male, tende a replicarsi in tutti i media con cui si misura. Specie per quanto riguarda la narrazione, alla cui base c’è quasi sempre la scrittura, l’impostazione che sta dietro a diverse opere concepite dalla stessa mente è spesso riconoscibile. Luigi Cozzi, in tal senso, non è da meno. Il cuore misterioso, libro che raccoglie parte della sua produzione di narrativa breve, sembra infatti una trasposizione su carta, quasi un adattamento non voluto, del suo modo di fare cinema. Lo scrittore Luigi Cozzi è anarchico anche nei suoi momenti più derivativi, vulcanico, ricco di idee quanto, allo stesso tempo, poco interessato alla forma e alle convenzioni dei generi, indaffarato nel mettere le mani fino al gomito nel magma delle idee tirando fuori le storie che vuole raccontare senza andare troppo per il sottile.
Stilisticamente, la scrittura di Cozzi ha un gusto piacevolmente retro, datato ma non per questo pesante. Sembra, in certi passaggi, di leggere rubriche pruriginose come Confessioni Vere, sulle pagine di Cronaca Vera, in cui i fatti vengono presentati in maniera enfatica, quasi sensazionalistica, pur fregandosene allegramente dello show don’t tell, quasi a voler dare quel brivido proibito alla casalinga di Voghera in cera di emozioni forti pur senza esagerare.
E tutto questo è davvero divertente, un saggio di scrittura che non si usa più, a metà fra gli Urania di una volta e certe oscure pubblicazioni che si trovavano in edicola quando si passavano le canoniche due settimane al mare. Il cuore misterioso va preso così, senza troppe menate e senza snobismo letterario: una raccolta di racconti del brivido figlia di un tempo che non c’è più, con tanta voglia di raccontare senza perder tempo a badare ai dettagli.