Lords of Chaos
2018
Lords of Chaos è un film del 2018, diretto da Jonas Åkerlund.
Tratto da un libro che fece (a merito) parecchio scalpore un ventennio fa, Lords of Chaos, ovvero la storia insanguinata del metal satanico (1998) di Michael Moynihan e Didrik Søderlind. L’ultimo lavoro di Jonas Åkerlund, regista svedese famoso più per i videoclip (Ray of Light by Madonna, Telephone by Lady Gaga e Beyoncé, Smack My Bitch Up by Prodigy) che non per i film (ve lo ricordate Spun con Brittany Murphy e John Leguizamo?), è una vera bomba. Rispetto al libro di Moynihan e Søderlind che affronta parecchie storie legate al presunto Inner Circle del black metal norvegese, Lords of Chaos il film si concentra esclusivamente sulla nascita, decadimento e morte del gruppo dei Mayhem. La storia è nota (o almeno così dovrebbe essere), vista l’attenzione mediatica che, loro malgrado, i Mayhem hanno attirato su di sé tra il 1984 e il 1993. Il progetto musicale nasce a Oslo per volere del chitarrista Oystein Aarseth, detto Euronymous. L’ispirazione della prima ora, più che satanista era sanguinaria, con tanto di teste mozzate di maiali gettate sugli spettatori durante i concerti e il cantante, Per Yngve Ohlin, detto Dead, sempre pronto a “svenarsi” sul palco.
Quando Dead, oltre che aprirsi le braccia, si fa saltare anche la testa con un fucile, Euronymous scatta qualche polaroid al suo cadavere per la cover di un loro bootleg e raccoglie qualche frammento del suo cranio per farci delle collanine per gli altri membri della band (ma questa si scoprirà essere una leggenda metropolitana creata ad hoc dallo stesso Aarseth). Con il suicidio di Dead e la sua testa esplosa stampata sulla copertina dell’album Dawn of the Black Hearts, si entra nella vera leggenda. Euronymous, che si scoprirà essere più affarista di quanto si pensasse, apre un negozio di dischi e fonda una casa discografica attorno alla quale raggruppa i nuovi volti della scena black metal norvegese. Tra tutti questi scappati di casa c’è anche qualcuno con un certo talento, Varg Vikernes, detto Burzum. Peccato che il tizio sia anche parecchio violento e decisamente squilibrato. Burzum comincia ad appiccare fuoco alle chiese per professare la sua credenza satanista ed Euronymous si convince di poter sfruttare le sue perversioni a scopo commerciale. Quando, però, Burzum si rende conto che il suo produttore, in realtà, è tutto chiacchiere e zero contenuto, lo ammazza come un cane, a pugnalate, e getta il suo corpo per le scale del condominio.
Questi i fatti di cronaca che Jonas Åkerlund, in Lords of Chaos, racconta con lucida crudeltà e dovizia di particolari. Soprattutto la scena del suicidio di Dead è di quelle che rimangono profondamente impresse nella memoria. Il ragazzo prima si taglia i polsi (e lo fa in maniera politicamente scorretta, in verticale come non piace agli americani) e rimane immobile a fissare il sangue che si spande per il pavimento. Poi, non soddisfatto, afferra il coltello e si taglia la gola, ma nemmeno questo è sufficiente a finirlo. Si trascina allora alla scrivania. Lascia un messaggio su un foglio di carta: “Scusate per tutto questo sangue”, e poi si fa saltare le cervella. Da brivido. Ma al di là del sangue e delle situazioni scabrose che Åkerlund racconta anche con una certa ironia, a colpire è la profondità della storia, dei complicati rapporti personali che legano Aarseth a Ohlin, prima, e Aarseth e Vikernes, dopo. C’è una volontà di mettere un po’ di chiarezza in tutto quel “chaos”, senza avere necessariamente uno sguardo moralizzatore o colpevolizzante. Sicuramente un tentativo di raccontare l’innocenza del diavolo. Un tentativo talmente riuscito da farsi perdonare persino il tradimento linguistico operato (si opta per l’inglese invece che il norvegese) e che consacra Rory Culkin (Euronymous) come uno dei volti emergenti più interessanti sulla scena.