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Allucinazione perversa

1990
Titolo Originale:
Jacob's Ladder
REGIA:
Adrian Lyne
CAST:
Tim Robbins (Jacob)
Elizabeth Peña (Jezebel)
Danny Aiello (Louis)

Il nostro giudizio

Allucinazione perversa è un film del 1990, diretto da Adrian Lyne.

In Allucinazione perversa (Jacob’s Ladder) tutti si chiamano come personaggi della Bibbia, lo nota anche Wikipedia. Questo aspetto teologico del film è però abbastanza superfluo. L’anima di Jake (Tim Robbins), in bilico in una specie di terra di mezzo tra vita e morte (la New York dei primi anni 80 è perfetta per questo ruolo) è solo una delle letture possibili. Il senso del film di Lyne va oltre la parabola. C’è la più severa condanna del conflitto Vietnamita come guerra dell’America contro se stessa, una sorta di sacrificio antropofagico che la patria celebra ai danni di se stessa, con i propri figli mandati al massacro usando le bugie. E il soldato reduce non se ne va più dal campo di battaglia. Quello che gli resta è una vita di ricordi e affetti in cui i diavoli lo arrostiscono, come in un guazzetto sugoso.

Sorprendono i ruoli femminili di Sarah (Patricia Kalember) e Jezzy, ex-moglie la prima e convivente la seconda. Sebbene Sarah, bionda e algida, rappresenti in qualche modo il bene, è stronza almeno quanto Jezebel. Insomma, quale donna caccerebbe di casa il marito, reduce dal Vietnam solo perché lui vuol fare un lavoro umile e non il professore in qualche università? E quale donna butterebbe via le foto del marito e del figlio morto Gabe (Macaulay Culkin) senza neanche domandargli se le voglia tenere lui? Jezzy, del resto, (una sensualissima Elizabeth Peña, morta alcolizzata nel 2014, cazzo…) scura, latina, sanguigna, finirà per bruciargliele di nascosto. Quante mogli, senza scomodare Satana, si comportano in un modo tanto castrante? Jez non tollera i sentimenti che Jake manifesta per il proprio passato e non gli permette cedimenti psico-fisici. Si potrebbe ipotizzare che Sarah e Jezzy siano entrambe la stessa entità e che Jake finisca per rimanere incastrato tra l’una e l’altra, attratto dalla maternità o dalla sensualità di cui rispettivamente, ciascuna delle due donne, è rappresentante.

L’aspetto medico è medievale, come dice il chiropratico Louis (Danny Aiello). Quando Jake, dopo la visione infernale in cui Jezebel si fa possedere da una specie di mostro a metà tra un rettile e un pennuto (in un amplesso al ritmo di James Brown che è di rara e ributtante eroticità), sprofonda in una specie di coma febbricolare, un medico prescrive un bagno di ghiaccio che quasi gli procura più dolore e sconvolgimenti degli assalti demoniaci. E una volta fuggito dagli uomini in nero (se vogliamo definirli così, per quanto sembrino più una manovalanza scorsesiana) ed è ricoverato d’urgenza, Jake sprofonda in una specie di girone infernale in stile Marat-Sade. Le rotelle della barella vibrano e si bloccano su un terreno sempre più accidentato e dall’aria decadente. Tutti i luoghi pubblici hanno questo aspetto sudicio e privo di umanità ed è geniale l’idea di Lyne: usare locations realmente abbandonate, come la stazione della metropolitana di Bergen, tappezzata di slogan contro le droghe in una specie di rimando sardonico ai guai di Jake, ma lasciate nel disordine reale in cui erano prima che la troupe facesse riallacciare la corrente.