Armando Trovajoli. Cent’anni di musica
Cofanetto DVD + Libro € 24,99
Senza il cinema italiano come potremmo vivere? Ma potremmo immaginare la nostra vita senza la musica del nostro cinema? Rota, Morricone, Cipriani, Ortolani, Donaggio, Umiliani, Frizzi… Come sarebbe la nostra interiorità, sensibilità, passione, la nostra memoria senza quei temi, quei suoni, quelle inafferrabili atmosfere? E cosa sarebbero certi film? Domande forse retoriche, che però ogni tanto dobbiamo porci per ricordare l’enorme giacimento di bellezza che alcuni grandissimi musicisti italiani hanno prodotto per almeno trentanni. Tralasciando volutamente uno dei nomi fondamentali della musica del cinema, forse quello più importante insieme a Morricone e Rota: Armando Trovajoli. Scomparso nel 2013 a 95 anni, Trovajoli è stato per il cinema degli anni sessanta e settanta la voce più sentimentale, più pura e più semplice. Ma anche una delle più versatili, in un campo in cui già la duttilità era prerequisito fondamentale. La sua musica ha il dono dell’immediatezza e della semplicità, ma come scriveva già Leopardi, la semplicità non è assenza di arte, bensì il risultato supremo che può raggiungere solo colui che la cerca per una vita e studia e fatica per anni. Alla storia e alla musica di Armando Trovajoli, Annarosa Morri e Mario Canale hanno dedicato un documentario-intervista, Armando Trovajoli Cent’anni di musica, prodotto da Orme, Surf Film, Istituto Luce Cinecittà e Mana Film. In un’ora e mezza, con umiltà e freschezza, dolcezza e intelligenza, Trovajoli racconta la sua vita, rievoca i suoi incontri con musicisti straordinari (possono bastare Django Reinhardt, Stephane Grappelli, Miles Davis, Duke Ellington e Chet Baker?), i rapporti con i registi a cui è stato più fedele, gli attori e i cantanti (spesso attori non dotati di tecnica ma incomparabili nel risultato espressivo come la Loren, Manfredi, Fabrizi o l’indimenticabile Mastroianni della commedia musicale Ciao Rudy).
Trovajoli comincia giovanissimo a suonare, il pianoforte è il suo strumento e l’innamoramento per il jazz è immediato e travolgente. Sono gli anni che precedono la guerra, anni difficili ma anche anni in cui quella musica americana si diffonde nei locali, nei pochi templi della musica e della notte che all’epoca esistevano in Italia. È una fase della sua vita, quella del jazz e delle orchestre, ricordata con nostalgia nel documentario, che viene subito interrotta dalla guerra. Quando la vita riprende dopo la liberazione, Trovajoli, davanti alla scelta se continuare come jazzista e vivere senza sicurezze o accettare la proposta di lavorare nel cinema, sceglie, più concretamente, di dedicarsi alla musica da film, quella che umilmente si definiva musica d’uso. Anche questo dimostra la sua indole pratica, una certa tendenza ad adattarsi, forse virtù italiana (e vizio?) per eccellenza. Nello stesso periodo studia pianoforte classico e si diploma al conservatorio di Santa Cecilia. Anche la carriera di concertista, che lo seduceva, viene messa da parte. La sua dote pianistica, sia nel jazz, in cui è stato uno dei primi grandi pianisti ad esprimere l’essenza della musica americana con una pronuncia personale e davvero unica, sia nel repertorio classico (Arturo Benedetti Michelangeli gli propose di suonare insieme un concerto per due pianoforti di Mozart, mai eseguito, purtroppo!) è conclamata ed anche nelle sue colonne sonore (in cui è sempre lui l’esecutore alla tastiera) è evidente. Citiamo, a questo proposito, lo score emozionante di Nell’anno del Signore di Luigi Magni (lunga e fondamentale la collaborazione tra i due) nel quale si può ascoltare un lungo finale di piano solo, di purissima arte pianistica e di leggerezza e gusto rari. Dal 1949, anno del suo esordio con Riso Amaro, Trovajoli produce alcuni capolavori del genere come le colonne sonore di La ciociara di De Sica (1960), I mostri di Risi (1963), alcune creative musiche pseudo-antiche per gli Ercoli di Cottafavi e Bava, uno scintillante jazz swing per Sette uomini d’oro di Marco Vicario (ma nel 1960, non dimentichiamolo, esce anche il suo seminale LP jazz The Beat Generation) e poi tutti i commenti per Scola, da La Famiglia a Brutti sporchi e cattivi e almeno due straordinari noir e polizieschi come La mala ordina e Una Magnum Special per Tony Saitta.
Ma si fa davvero fatica a limitarsi a questi pochi titoli perchè anche i film apparentemente minori (come i due Seddok e Lycantropus, recentemente pubblicati in CD, o il francese Frankenstein 90) offrono sempre una qualità ed un’ispirazione musicale immediatamente riconoscibile e al contempo idee sempre nuove e sorprendenti pur nella costante immediatezza del risultato. E non abbiamo citato il suo lavoro nella commedia musicale, anch’esso di eccezionale popolarità (in aggiunta a Ciao Rudy, l’ormai leggendario Rugantino con l’eterna Roma nun fa’ la stupida stasera e l’altrettanto celebre Aggiungi un posto a tavola). Il bel cofanetto edito da Istituto Luce colma una lacuna nella storia della musica per il cinema italiano e di cui dobbiamo essere grati ai registi ai curatori. Oltre al documentario in DVD (con 20 minuti di extra interamente dedicati alla collaborazione e amicizia con Marcello Mastroianni) l’ottimo box contiene Le stagioni di un artista, un libro a cura di Adriano Pintaldi che, con l’ausilio di pregevoli documenti fotografici e ricordi privati, testi di registi, attori e collaboratori del musicista, tenta di tracciare un profilo sia dell’arte, sia dell’umanità di Trovajoli. Umanità che chiunque abbia ascoltato le sue opere ha l’impressione di aver conosciuto, di averne avuto esperienza, attraverso la sua musica che oggi mi appare un tesoro senza tempo e uno dei modi più struggenti ed efficaci per dire: questa era l’Italia.