Alita – Angelo della battaglia
2019
Alita – Angelo della battaglia è un film del 2019 diretto da Robert Rodriguez.
Il dottor Daisuke Ido (Christoph Waltz) in cerca di componenti meccaniche per riparare robot, mentre rovista in una discarica dove vengono scaricati i rifiuti della città sospesa Zalem, trova i resti di una ragazza cyborg e decide di ripararla innestandola nel corpo mai usato che aveva preparato per la figlia Alita. La ragazza (Rosa Salazar) non ha memoria, ma è un cyborg avanzato di una tecnologia ormai perduta, concepito per la battaglia. Ed è proprio combattendo che in Alita inizieranno ad affiorare i ricordi perduti. Il kolossal di casa Fox è tratto dal celebre manga omonimo del 1990, scritto è disegnato da Yukito Kishiro e già portato sul piccolo schermo con un anime in due puntate nel 1993. La regia di Alita è firmata Robert Rodriguez, pupillo di Quentin Tarantino che dopo titoli cult come Dal tramonto all’alba, Machete, Sin City – e il meno fortunato sequel/prequel Sin City – Una donna per cui uccidere – aveva già esplorato il territorio dell’avventura-fantasy con Spy Kidz. Con Alita – Angelo della battaglia il regista si trova per le mani il budget più alto della sua carriera e un progetto che aveva affascinato addirittura James Cameron, co-produttore e co-sceneggiatore del lungometraggio, inizialmente intenzionato alla regia.
Nel cast la giovane Rosa Salazar (già vista nel secondo e terzo capitolo di Maze Runner) veste i panni della protagonista, affiancata da Christoph Waltz (due volte Premio Oscar con Tarantino), Mahershala Ali nel ruolo del villain Vector e Jennifer Connelly, anche lei premio Oscar (ve la ricordate in Phenomena?); altri volti noti sono Jackie Earle Haley (il Freddy Krueger del remake del 2010, ma anche Rorschach nel Watchmen di Zack Snyder) e Michelle Rodriguez che aveva già lavorato con il regista nei due capitoli di Machete, ma anche con Cameron in Avatar. Alita – Angelo della battaglia è un progetto molto ambizioso, un grande cinecomics che non si ispira ai fumetti d’oltreoceano, ma ai manga del Sol Levante. Questo in un periodo in cui i fumetti sono ormai di casa al cinema e, recentemente, con titoli diversi da quelli americani, anche se non sempre con risultati positivi. Non ci sono riusciti Netflix ed Adam Wingard a darci una trasposizione soddisfacente di Death Note, mentre gli incassi non hanno dato ragione a Luc Besson, che aveva portato in sala il kolossal Valerian e la città dei mille pianeti; in futuro ci proveranno i Manetti Bros a trasporre Diabolik e Christophe Gans punterà su una produzione internazionale per portare in sala il Corto Maltese di Hugo Pratt.
Lo spessore del budget messo a disposizione si vede; la pellicola è visivamente molto ricca con scenografie spettacolari ed effetti speciali e costumi che non lasciano indifferenti gli spettatori. Troppo spesso siamo abituati a blockbuster dove la computer grafica e gli elementi reali non riescono a essere ben amalgamati insieme. In Alita l’aspetto grafico è perfetto e si percepisce che nel progetto è coinvolto James Cameron, che per quanto concerne gli effetti visivi, nonostante siano passati dieci anni, con Avatar fa ancora scuola. Ma Alita – Angelo della battaglia non è solo questo, perché la storia alla base del film (e del manga) ci parla di una ricerca di identità e di problematiche sociali, con la contrapposizione tra Iron City, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione e Zalem, un paradiso irraggiungibile destinato a pochi. Il prodotto finale funziona e ha molto da raccontare, lo conferma il fatto che il film vuole essere solo il primo punto di partenza per un possibile franchise, ma questo dipenderà, ovviamente, dagli incassi in sala.