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Into the Dark – Culture Shock

2019
Titolo Originale:
Into the Dark
REGIA:
Gigi Saul Guerrero
CAST:
Martha Higareda (Marisol)
Shawn Ashmore (Thomas)
Richard Cabral (Santo)

Il nostro giudizio

Culture Shock è il decimo episodio della serie antologica Into the Dark, diretto da Gigi Saul Guerrero

Siamo forse in un mondo nuovo o stiamo solo iniziando a comprenderlo a fondo? L’horror americano di questi ultimi anni ha trovato in Jordan Peele un autore capace di comunicare, attraverso il genere, delle verità sociali molto complesse e mai banali. Get Out e Noi hanno evidenziato la necessità di andare oltre col pensiero, di guardare alle differenze sociali, razziali e di genere come a fenomeni di cui finora si conosceva solo i contorni o non si poteva immaginare l’evoluzione. Una riflessione che anche Into the Dark ha voluto compiere, in occasione dell’episodio del quattro luglio, dando voce e macchina da presa ad un’altra giovane e promettente tuttofare che di nome fa Gigi Saul Guerrero. Di sicuro il suo Culture Shock, a cui ha contribuito anche in sede di sceneggiatura, è estremamente debitore della filmografia peeliana, anche se si possono notare alcuni elementi che rimandano, per genere e dettagli narrativi, allo Sleep Dealer di Alex Rivera. Il clima politico che si respira oggigiorno in merito alle migrazioni dal Messico agli States (tema presente anche nel Soldado di Sollima) introduce questo episodio che ha da subito il merito di non cercare scorciatoie.

Non c’è niente di inedito nella figura di Marisol (Martha Higareda), ragazza rimasta incinta a seguito di uno stupro in cerca di un futuro migliore oltre il confine; così come non sorprendono i loschi individui a cui lei si affida pur di passare indenne dall’altra parte. Siamo però di fronte ad un quadro che non lascia spazio ad interpretazioni: l’America è il solo posto in cui lei potrà mai essere felice, diritto stampato a caratteri cubitali nella Dichiarazione d’Indipendenza che altro non è che l’oggetto concreto della festa nazionale. È proprio in questa convinzione, in questo sogno spacciato per solida realtà che nasce il colpo di scena dell’ideale secondo atto. Rinvenuta sul suolo americano dopo una fuga turbolenta, Marisol si ritrova ospite servita e riverita di una premurosa signora bianca e borghese (la Barbara Crampton di Re-Animator), in una piccola e ridente cittadina dove tutti sorridono e lavorano sereni. Forse troppo, forse in modo quasi innaturale. Marisol osserva e interagisce con persone che mangiano in modo convulso e che rispondono meccanicamente, comprendendo che dietro un contesto così perfetto non può che nascondersi un segreto incredibilmente scomodo. Scomodo come Marisol, l’unica capace di vedere lucidamente che non è tutto ora ciò che luccica.

Into the Dark – Culture Shock essenzialmente vince la sua partita qui. La Guerrero costruisce un impianto visivo davvero affascinante, passando dal grezzo e scuro paesaggio messicano al luminoso e colorato vicinato americano. Uno stacco cromatico e traumatico che viene poi ancora più accentuato dalla recitazione sopra le righe di tutti gli interpreti secondari. L’esagerazione del contesto è dunque legittima, non forzata, in vista del colpo di scena finale che darà alla vicenda il giusto equilibrio. La narrazione infatti non pretende niente di più che muoversi in quella folle misura che sola può accomunare la dimensione illusoria e quella reale che andranno pian piano definendosi e scindendosi. Così come sarà ancora più chiaro il succo, il punto; ossia che il sogno americano vive dell’annebbiamento delle coscienze, di un benessere promesso e mai mantenuto e di un’omologazione degli individui a cui solo una ribellione può porre rimedio. Una finzione tremendamente reale, un racconto più esauriente di una notizia del TG.