The End of the F***cking World – Stagione 2
2019
The End of the F***cking World – Stagione 2 è una serie tv del 2019, ideata da Jonathan Entwistle.
La seconda stagione di The End of the F***cking World comincia esattamente dove era terminata la precedente: i due ragazzi Alyssa (Jessica Barden) e James (Alex Lawther) sulla spiaggia, braccati dalla polizia. La linea resta fedele alla prima stagione, con la prerogativa di scavare ancora più a fondo nell’animo e nella psiche dei personaggi, tanto dei protagonisti, quanto degli attori coinvolti nella storia. Mostrando un’umanità in carenza di affetto; di comprensione e profondamente a disagio con sé stessa e il mondo circostante. Scritta da Charlie Covell e basata sul fumetto del giovane e pluripremiato Charles Forsman (Snake Oil), non delude le aspettative, ma le amplia. I due antieroi sono cresciuti in parte, date le avversità passate e nonostante uno dei due non voglia ammetterlo, hanno bisogno l’una dell’altro. James ama e vive per la sua bella e cerca di salvarla da sé stessa e dalle situazioni che le orbitano attorno, anche se lei non vuole. In questa nuova stagione il taglio fumettistico nella presentazione dei personaggi resta, si allarga la rosa dei partecipanti, come la figura di Bonnie (Naomi Ackie), vera protagonista forse della serie, anche lei vittima di una famiglia più interessata al suo futuro ideale che alle necessità della persona.
Vi è un’interconnessione tra i vari personaggi, la fragile Bonnie è legata a James ed Alyssa e lo sarà per tutta la serie, fino al catartico finale. Assistiamo anche qui ad una road series come nella prima stagione, si aggiunge però il concetto e il desiderio di vendetta, che percorre tutti gli 8 episodi. Le personalità raccontate hanno tutte un punto in comune, il disagio che si mostra attraverso affetti, silenzi, pensieri (Todd il giovane belloccio che crede la Finlandia sia un paese inventato); figure borderline, che si incontrano e si scontrano con quello dei protagonisti. Il grottesco continua ad essere un punto fondamentale, forse più della precedente stagione. Un grottesco, però, che appare sconcertante perché reale e possibile, come il destino di James, beffardo e inspiegabile. Serpeggia una vena di esistenzialismo, principalmente in Alyssa: “È bello non provare niente. È come avere un superpotere” afferma ad esempio; ma sono anche gli altri personaggi ad avere una concezione fatalista della propria esistenza.
La colonna sonora dell’intera serie è onnipresente e ricalca gli stati d’animo dei personaggi. Un genere che può essere definito Southern Gothic, e fa assomigliare l’ambientazione ad un romanzo di Joe Landsdale o ai film di Tarantino e Rodriguez, se non addirittura un Lynch. Nonostante, infatti, la storia si svolga nell’Inghilterra contemporanea, tutto appare estremamente americano, una provincia sordida, sporca e squallida. La tragicità degli eventi si snoda sempre sia attraverso il surrealismo degli eventi stessi, quanto nei dialoghi minimalisti che rivelano un certo spessore; come i pensieri cinici di Alyssa e James. In The End of the F***cking World si ride amaramente, con una punta di disagio, siamo oltre il semplice dark humor di matrice britannica. Tutti hanno il dovere e la necessità di fare i conti con le proprie memorie e i propri demoni, se si vuole andare avanti. Per quanto si possa fuggire, come Alyssa dice a sé stessa in uno dei suoi monologhi interiori: “Puoi restare bloccata in un posto senza accorgertene e se non stai attenta, puoi restare per sempre.” Che si tratti di un passato violento, un amore perduto o fallito o una famiglia disturbata e assente. Ogni cosa va affrontata prima o poi se si vuole uscire da un dolore che si sente dentro e che stanca, come accade a Bonnie, la studentessa di filosofia.