Ultras
2020
Ultras è un film del 2020, diretto da Francesco Lettieri
“Forza lotta, vincerai. Non ti lasceremo mai”. Questo io lo chiamo spettacolo. Solo chi bazzica da anni gli stadi può capire fino in fondo il movimento di mondo che si crea ogni volta che la tifoseria organizzata diventa protagonista dello show che è una partita di calcio. Il match diventa quasi un evento collaterale, non più importante di ciò che si vive fuori dal campo di gioco. Coreografie, striscioni, fumogeni, un bombone che prima o poi parte distogliendo l’attenzione di tutti. Ogni cosa deve essere perfetta, dalla grafica del banner fino all’entrata in curva in trasferta. Tra le curve si svolge un’altra partita a suon di cori offensivi, alcuni di una genialità davvero unica, da fare invidia alla poesia d’invettiva. Ma non ci dobbiamo mai illudere che la storia si esaurisca qui, così come non si può cedere al facile gioco della demonizzazione a prescindere. Perché il calcio senza gli ultras, volenti o nolenti, non è lo stesso. Peccato che il film che dovrebbe parlare obiettivamente (o forse abbiamo capito male) delle loro gesta sia in realtà un concentrato di mezze verità e di pigrizia registica e narrativa.
Ultras, film d’esordio del noto videoclipparo Francesco Lettieri, narra la storia del capo ultrà del Napoli Sandro, detto O’ Mohicano. Sottoposto a daspo e quindi impossibilitato ad andare allo stadio, continua controvoglia a comandare il suo gruppo da fuori. Mentre l’incontro con Terry, di cui si innamora, lo fa disinteressare ancora di più alla vita da stadio, il gruppo dei più giovani cerca di prendere il controllo e di estromettere i veterani dalle decisioni. Vi è sicuramente, in queste premesse, del realismo. Tuttavia è il succo che rimane abbozzato. Gli ultras di Lettieri sono degli appassionati emuli dei caratteri “gomorriani” che da anni vediamo circolare e ripetersi anche al di fuori della serie omonima, ma non ne hanno le stesse solide fondamenta. Sembrano cani sciolti, anarchici inconsapevoli, personaggi astratti che vorrebbero rappresentare ma al massimo fungono da contorno. Così il realismo se ne va via e tutto diventa fumetto, opera più di fantasia che di cronaca. Si può credere che tutti gli ultras siano solo ultras, che il loro intero movimento si esaurisca al suo interno e non si sia anche civilizzato e istituzionalizzato. Un mito che gli ultimi anni di serio giornalismo hanno già provveduto a rivelare come tale, fatto salvo, a volte, per le piccole realtà tra cui non vi è certamente inclusa quella partenopea. Raccontare la ben nota violenza, obiettivamente, è molto, molto poco.
E allora si può pensare più alla forma che alla sostanza, per rimediare. Niente contro i videoclippari , termine che non ritengo offensivo e rispettabilissima forma di gavetta che ha fatto nascere gente come David Fincher, per dirne uno; ma se Lettieri si dimostra generoso nel prodigarsi in bei (forse troppo) piani sequenza, altrettanto ama indugiare in momenti riempitivi e pleonastici, da videoclip, che rendono il film di fatto più lungo di una buona mezz’ora ed estremamente noioso. Marchetta al cliente abituale Liberato a parte, Ultras latita anche di fascino: nessun personaggio, Sandro compreso, conquista o impietosisce. E a niente ovvia nemmeno questo riscoperto, modaiolo realismo di facciata nel casting di nuovi improbabili ragazzi di vita, certamente spontanei ma comunque sempre diretti approssimativamente. Quindi non rimane altro che constatare, senza più lo sconforto di una volta, che, nel cinema italiano, quello che sembra un passo in avanti sono in realtà tre passi indietro.