Sotto il sole di Riccione
2020
Sotto il sole di Riccione è un film del 2020, diretto da YouNuts!
Una volta ero convinto che il piacere di guardare i film brutti, ossia riderci sopra, fosse quasi lo stesso di ciò che si prova vedendo quelli belli. Forse però sono arrivato ad un’età in cui si deve scegliere quale piacere portare avanti. Un’età che ormai ha poco a che fare con queste opere millenials, questi coming of age goffi e sconclusionati che poco hanno a che fare con le estati italiane dei teenagers. Sotto il sole di Riccione, purtroppo scritto da Enrico Vanzina che, del genere, oltre a esserne uno dei volti più importanti ha deciso di diventarne anche cassamortaro, è nostalgico abbastanza per richiamare quelli tirati su da Jerry Calà e Sapore di Sale, ma allo stesso tempo vuoto e superficiale come gran parte dei prodotti confezionati oggi per i ragazzi. Infatti, come per il precedente Netflix Ultras, che almeno qua e là si difendeva, bastano pochi minuti di film per capire che assisterai ad un videoclip di un’ora e mezzo di Tommaso Paradiso.
Dilungarsi sulla trama sarebbe veramente una perdita di tempo, anche se può risultare utile soffermarsi sui caratteri: prevedibili, stereotipati e credibili come un bell’album dei TheGiornalisti. Il bravo ragazzo innamorato di una che non lo considera, la tipa che si farebbe tutti e poi non si fa nessuno, quello che si fa le canne e parla come un fuoriuscito dagli Articolo 31, la mamma rompicoglioni che poi cucca pure lei, il vecchio tombeur de femmes che si vanta delle straniere rimorchiate ma che poi in realtà ne ha amata veramente solo una. Non sono spoiler, capirete tutto nei primi dieci minuti. Quando si dice la sceneggiatura circolare: se vedi l’inizio sai anche la fine. Ma volendo anche sacrificare la cosiddetta indeterminatezza della trama, che altro ha da offrire questo film diretto dal duo YouNuts! (ottima idea lo pseudonimo, vista la roba che fanno)? L’inconcludenza più affossante, come quella dei suoi giovani protagonisti che parlano, parlano di “cuccare la tipa” ma poi sono più asessuati di Ken con Barbie. Siamo tragicamente oltre le commediole estive anni ‘90 e 2000, dove almeno qualche tetta o qualche battuta maliziosa scappavano: qua siamo proprio al livello delle serate cinema presso il convento dei Carmelitani. In poche parole non c’è il coming of age, ossia il realizzarsi di una maggiore consapevolezza sentimentale e sessuale grazie ad un incontro cruciale con l’amore della vita o anche con l’avventura di una notte. Ma da qualche anno ormai è così: parafrasando un famoso spettacolo teatrale inglese, siamo italiani, niente sesso.
In realtà si può comprendere tutto se si riflette sul fatto che, dietro questa ingenuità visiva, c’è un problema di linguaggio, di comunicazione. Un modo di porsi solo a cuoricini e frasi da Baci Perugina (e che poi, sui Perugina, ci finiscono per davvero) sulle stancanti e ridicole didascalie dei messaggi sugli smartphone e sulle fastidiose note del cantante “indie” del momento. Un linguaggio che molti, per darsi importanza, chiamano la “voce di una generazione”: finti massimi sistemi inventati da gente che la giovinezza l’ha passata da un pezzo e che, evidentemente, finge di non ricordarsi che amoreggiare con una (s)conosciuta al mare è la cosa più semplice e senza complicazioni del mondo. E sì, il più delle volte si vuole solo scopare e non per forza trovare l’anima gemella: e va benissimo così. Sempre meglio della risaputa favoletta con ragazzotti rincoglioniti e squinzie d’arredo che ormai può andare bene giusto solo per i videoclip di scadenti cantautori.