5 cinepanettoni dimenticati

Perché i cinepanettoni non piacciono più? Ripercorriamo il filone attraverso cinque titoli
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Se odiare i cinepanettoni è un passaggio obbligato della nostra adolescenza critica, imparare a capirli è un po’ l’esame di maturità; inquadrare il fenomeno oltre le letture facili, e riconoscere come, nell’industria all’alba di un declino storico irreversibile come quella di metà anni ’80, il miracolo Filmauro sia stato l’unico in grado di tenere in piedi per decenni un sistema economicamente moribondo. Esaurito quel percorso (peraltro uno dei pochi veramente originali e caratteristici della nostra produzione filmica recente), si è esaurita l’ultima miniera dell’industria cinematografica italiana. Un’altra ancora non si vede, e ripensare a un tempo in cui film nazionali chiudevano in testa le classifiche annuali mette solo depressione. Perché non piacciono più, i cinepanettoni? Per mille motivi, tutti legittimi. Il più importante, forse, è la totale identificazione di queste opere con un’Italia (cinquantenne, borghese, benestante, cafona, in un’abusata parola “berlusconiana”) che per le nuovissime generazioni ha il sapore del veleno per topi. E mentre quelle vecchie hanno progressivamente smesso di andare al cinema, chi rimane non sembra aver più nulla da chiedere a questi film. Si aggiungano i nuovi standard comunicativi della post-ironia memetica, ed è un attimo arrivare alla damnatio memoriae – e all’inevitabile riscoperta, che senza dubbio alcuno ci attende, tra neanche troppo tempo; perché un’ideale critica assolutista non esiste, e tanto i film quanto i gusti di chi li guarda non sono che l’ultimo anello di una catena materialista, dettata dai tempi e dal contesto. 

Il Natale 2020 ha visto il ritorno dell’ineffabile coppia Boldi & De Sica con un progetto sempre più bizzarro e atipico quale In vacanza su Marte. Già riunitosi nel 2018 con Amici come prima, tredici anni dopo da Natale A Miami (2005), il magico duo aveva trovato un panorama drasticamente cambiato; e come consapevole dell’assurdità delle proprie stesse premesse (nonché del sopraggiunto limite di età), aveva dirottato la propria nuova offerta verso una voluta astrazione concettuale, più che auto, quasi meta-ironica. Mettere dunque questi ultimi film in fila al canone classico potrebbe stonare un po’, come stonano in fondo gli esprimenti spuri degli ultimi anni con protagonisti Lillo e Greg vari, e in fondo persino gli ottimi film con Massimo Ghini di fine anni 2000. C’è poco da fare, il cinepanettone puro non può prescindere dalla sua coppia di star, da De Laurentiis e dal suo team di burattinai Vanzina, Parenti e Oldoini. Piuttosto che partire per l’ennesima rassegna storica sui titoli giustamente già celebrati nella corsa alla rivalutazione (la corrente a favore di un recupero delle Vacanze anni ’80 è fiorente – presto o tardi si arriverà anche a Natale in India), proviamo dunque a riprendere in mano qualche cinepanettone facilmente dimenticato; tasselli storici importanti, ma forse persisi un po’ tra le maglie della prima stagione televisiva-comicarola alla Drive In, o in quella a suo modo autoriale-cinefila dei Vanzina, o magari nel saturnalia scatologico del Parenti del nuovo millennio. Non certo titoli da cui partire, ma se il valore di Vacanze di Natale ’95 o Natale sul Nilo è incontestabile, ecco qualche degna prova di forza per testare la propria freddezza – e magari ricordare tempi migliori in cui, sentendosi in colpa e mugugnando, i cinema si riempivano, e i film grandi (non per forza grandi film) almeno si facevano.

Vacanze di Natale ’91 (1991)

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Il primo concept del cinepanettone è ben lontano dalla struttura buddy-movie che ne avrebbe fatto la gloria a partire dalla seconda metà dei ’90: ciò che nasce dal prototipo dell’83 è più sulla scia di un film collettivo a scenette, con orde di comici tv in ruoli vari (format un tempo amatissimo oggi caduto in disuso). Il film di Enrico Oldoini si appoggia ancora a St. Moritz (l’esotismo è lontano, il contesto prettamente sciistico), paga pegno alle radici classiche tanto care ai due fratelloni Vanzina (ci sono Sordi e Muti a sancire il passaggio di testimone visibilmente di malavoglia), ma soprattutto scopre forse per la prima volta il potenziale della coppia d’oro, finalmente mattatrice dell’episodio migliore e pronta a segnare un’epoca. Da segnalare però anche il ruolo chiave offerto a Nadia Rinaldi, vera regina del genere, terzo polo femminile del duo nonché potenziale contraltare mai realizzatosi all’intrinseca fallocrazia imperante. Presto avrebbe preso altre strade, ma fosse rimasta a bordo forse oggi si parlerebbe di un trio.

 A Spasso nel tempo – L’Avventura continua (1997)

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Se roba come SPQR (1994) appariva già notevole, la maniera in cui il cinema italiano già in decadimento totale potesse permettersi di investire pesante su film come questo rimane incredibile. E c’è ancora chi si lamenta che lavori del genere venissero prodotti! Mille volte più che mille altre commedie prodotte dopo, l’ineffabile dittico del 96-97 (di cui L’Avventura Continua è il piuttosto sgonfio secondo atto), vive il suo tempo: è un cinema in fin dei conti fresco e presente (infatti i riferimenti, legati alla stagione cinematografica del periodo, sono invecchiati peggio del latte), persino in anticipo sugli spoof movies del decennio successivo. E’ un cinema di due registi, i Vanzina agli ultimi fuochi, che al cinema ci vanno: sanno di che parlano, citano Brooks e la ZAZ, investono persino in un episodio sperimentale alla Roger Rabbit. Produttivamente encomiabile.

 Paparazzi (1998)

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La mano passa finalmente e definitivamente a Parenti, e si inizia pagando pegno al passato. Il primo film del sottogenere a firma unica del toscano si vorrebbe addirittura felliniano, almeno in apparenza, ripercorrendo quelle orme e millantando ideali parentele cinematografiche a dir poco pretestuose. E’ in realtà uno degli ultimi cinepanettoni vecchio stile, quando il termine non esisteva ancora (fu coniato intorno al 2000), il Natale non era un obbligo di trama quanto una finestra di uscita, e queste erano solo commedie pecorecce con comici da grande incasso. Il film del 1998 inaugura a suo modo la composizione regionale del cast che troverà la propria perfezione nel gioiello Tifosi (1999, uscito però in autunno e dunque fuori canone), si permette persino un Abatantuono reduce da Oscar vari e Salvatores, procede per accumulo di vip del periodo d’oro (?) Mediaset e dintorni, e in un certo senso alza il livello abbassandolo definitivamente.

Body Guards (2000)

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Il grande exploit del cinepanettone arriva intorno al cambio di millennio, quando il cinico Parenti ereditò il timone dalla tutto sommato classicheggiante e sobria mano dei Vanzina (che per ragioni insondabili resteranno agli occhi del pubblico autori unici, per metonimia), e in sceneggiatura entrarono prepotenti Fausto Brizzi e Marco Martani. Sono loro, giovani e senza vergogna, a strappare a suo modo la serie dalle radici ancora alla lontana legate a un cinema da commedia simonelliana anni ’50, spingendola a cimentarsi a viso aperto con i moderni standard del demenziale imposti da American Pie, Farrelly, Wayans e compagnia. I risultati si sarebbero manifestati con l’inaugurazione del filone esotista nei successivi Merry Christmas (2001) e Natale sul Nilo (2002), apice commerciale del genere – e il fiero approdare a una forma di comicità al di là del bene e del male, in cui merda, scoregge, sodomia e turpiloquio diventano una vera e propria grammatica: tra pseudo-vip senza vergogna (Marzullo al suo apice umano) e gag che non ci si crede.

Natale a Rio (2008)

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Difficilmente i film di De Sica-Ghini troveranno un posto nel cuore degli appassionati alla pari dei classici passati, e ci sta, sono un po’ l’equivalente degli album dei Sabbath con Dio. Ma per portare avanti il paragone, il cambio con il formato classico non rappresentò in nessun modo un compromesso al ribasso, quanto un tardivo svecchiamento, fugace ma importante: coinvolgendo una controparte così diversa dal partner storico, Cristian De Sica trovò nel nuovo compare una spalla alla pari e una nuova identià comica. A partire da Natale a New York (2006) il cuore regionale diventa apertamente romanesco, il format perde il suo lato più lunare-bambinesco, e ne guadagna in sessualità spinta. I film del periodo sono a loro modo notevoli, ma in Natale a Rio (2008) la coppia è semplicemnte stellare: molto probabilmente l’ultimo grande film della serie, ormai marcesente e destinata alla cancellazione nel 2011 con Vacanze di Natale a Cortina. Dopo, il diluvio.