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Shook

2021
Titolo Originale:
Shook
REGIA:
Jennifer Harrington
CAST:
Daisye Tutor (Mia)
Emily Goss (Nicole)
Nicola Posener (Lani)

Il nostro giudizio

Shook è un film del 2021, diretto da Jennifer Harrington.

Di riffa o di raffa, prima o poi tutte le strade riportano, sempre e comunque, alla medesima situazione: una bella pulzella indifesa, una grande casa vuota, un telefono (fisso, cordless o cellulare poco importa) e, ultimo ma non meno importante, un pazzoide con l’insana voglia di giocare al gatto col topo. Da La morte corre sul filo a Scream passando per Quando uno sconosciuto chiama, il tempo passa ma la logica di come far paura al primo squillo rimane immancabilmente la stessa. Lo sa bene la scafata Jennifer Harrington che, esordendo con l’inquietante Housekeeping nel 2015, era riuscita a confezionare un piccolo e piacevolissimo saggio di inquietudine domestica, perfettamente incastonato tra The House of the Devil di Ti West e il The Boy di William Brent Bell. Ben sei anni son passati, e stavolta la nostra intraprendente regista, pur rimanendo confinata fra quattro anguste mura, non si accontenta più di farci semplicemente paura. Nossignore, perché a questo giro il suo intento è quello di scioccarci per benino. Bastano infatti poco meno di quattro minuti dall’inizio di Shook – titolo quanto mai azzeccato – perché un affilato tacco dodici si conficchi a tradimento nel palato di un’attraente signorina, mettendo subito le cose in chiaro circa la natura a dir poco delirante di ciò che ci stiamo apprestando ad assaporare. Che quella furbona della Harrington abbia deciso di farlo strano lo si può intuire sin da subito quando, poco prima del sopracitato tacco assassino, la bella Mia (Daisye Tutor) e le sue sgallettate amiche di blogsfera partecipano a un red carpet che, per chi avrà il piacere di visionare questo Shook, si rivelerà tutt’altro che canonico, ribadendo come le apparenze possano ingannare ben prima della comparsa dei titoli di testa.

La nostra eroina è infatti una piccola celebrità del mondo social, con un codazzo ben assortito di followers e un’immagine da esperta di make-up da difendere con le unghie e con i denti. Ma con l’incombere della tenebre e la sorella Nicole (Emily Goss) è costretta a una gita fuori porta, rimasta sola in casa in compagnia del cagnolino Chico e di un’assistente vocale a cui affidare sfiancanti lavoretti come accendere le lampade e selezionare la giusta playlist musicale, la nostra stellina inizierà a sperimentare il vero incubo quando un misterioso figuro, previo contatto telefonico, inizierà a coinvolgerla in un sadico gioco, la cui posta sarà la sopravvivenza stessa degli affetti più cari. Tra improvvise sparizioni e videomessaggi che testimoniano le intenzioni più che serie del sadico, la povera Mia si troverà costretta ad aguzzare l’ingegno per soddisfare i quesiti sempre più complessi di questo folle Gerry Scotti assetato d’orrore, in un susseguirsi di svolte e colpi di scena che, col passare dei minuti inizieranno a far dubitare lo spettatore e la diretta interessata dell’autenticità di quanto sta accadendo. Va ricordato infatti che la madre della ragazza è passata all’altro mondo a seguito di una rara e terribile degenerazione mentale la quale, sorpresa delle sorprese, è ovviamente ereditaria. Dunque… chi vivrà vedrà, e soprattutto, capirà! Sarebbe bastato davvero poco alla Harrington per trasformare Shook nell’ennesimo cacofonico screen view movie infarcito delle soggettive di mille ammennicoli digitali che tanto ci hanno ammorbato da Open Windows in avanti.

Consapevole di ciò, ecco dunque che la regista si cimenta in una serie di curiose trovate visive che, pur non potendo ovviamente esimersi dalla necessità di far comparire in diretta schermo i vari spippolamenti su smartphone e laptop, riescono a generare, tramite azzardate retroproiezioni e curiosi compositing, un clima lisergico e straniante. Ed è appunto sulla confezione che vengono convogliate gran parte delle energie creative che stanno alla base di questo onesto e divertente thrillerino, nel quale la componente narrativa esaurisce ben presto la propria carica propulsiva in favore di un raccontino che, nonostante qualche stuzzicante e azzeccato twist, arrivato al quarantesimo minuto risulta già difficile da digerire completamente. Sia chiaro: in un’oretta e mezza di cose interessanti ne accadono parecchie e più che a sufficienza per saziare i nostri sadici e curiosi appetiti. Il problema sta nel fatto che il tutto viene diluito all’interno di un’impalcatura non sempre in grado di reggere il passo, per giunta impiegando un’espediente che, come già detto, è stato abusato su grande e piccolo schermo sino allo sfiancamento. Ne vien fuori dunque un interessante distillato di suspense che intrattiene e coinvolge senza troppi problemi, infarcito di una sana cattiveria di fondo a supportare l’immancabile critica agli eccessi e paradossi del mondo social e trascinandoci ai titoli di coda con una discreta maestria di messa in scena. Il tutto però senza la minima possibilità di imprimersi indelebilmente nei nostri occhi e nella nostra mente. Non che sia d’obbligo, ma con un’opera seconda è sempre bene puntare in alto. Costi quel che costi.