Fuga dalla rete – Letteratura americana e tecno dipendenza
La reale importanza di un saggio è, prima ancora delle effettive conclusioni che trae, la capacità che l’autore ha avuto, nello scrivere la trattazione, di portare alla luce un problema attuale e rilevante. Soprattutto nelle discipline umanistiche, che meno delle discipline scientifiche hanno un’urgenza di risposte chiare e definite, e soprattutto quando il problema non è particolarmente sugli scudi e non è una strada eccessivamente battuta da intellettuali o accademici di sorta. Questo è il caso di Fuga dalla rete – Letteratura americana e tecno dipendenza, di Luca Pantarotto. L’autore inquadra, dal punto di vista della critica letteraria, un problema che esce dalla materia e va a toccare più in generale, una considerazione sulla realtà contemporanea: la tecnologia, in particolar modo Internet, ha impresso alla società, e soprattutto ai cambiamenti che la riguardano, un’accelerazione che sta molto poco gradualmente superando la nostra capacità di comprendere e, soprattutto, di rappresentare. Da William Gibson con il suo classico Il Neuromante all’ultimo, immenso Don De Lillo con il suo immenso Il silenzio, ma senza tralasciare qualche illustre e pertinente predecessore, Pantarotto ripercorre la storia del rapporto fra letteratura americana e rete . Un rapporto problematico, fatto di idealizzazioni misticheggianti, tentativi più o meno riusciti e una difficoltà diffusa da parte del grande romanzo americano nel raccontare la rete e il suo impatto sulla società.
Il quadro che viene fuori dall’analisi di Fuga dalla rete è quello di un’umanità tanto pervasa e influenzata dalla rete, in particolar modo dalla sua versione più recente. Un’umanità successiva alla rivoluzione dei social media, in evidente difficoltà a metabolizzare i cambiamenti da essa portati con una rapidità che rivoluziona continuamente il nostro orizzonte demolendo e ricostruendo i nostri referenti a un ritmo insostenibile, specie dalla letteratura che spesso non riesce a prendersi il tempo necessario per metabolizzare la mutazione continua del reale che dovrebbe raccontare, ma che sta lasciando progressivamente indietro. La riflessione di Pantarotto ha un suo modo chiaro e puntuale di riordinare le idee, fissando alcuni punti fermi, coordinate di cui abbiamo disperatamente bisogno per orientarci su una mappa i cui confini cambiano costantemente.