Giallo Berico: intervista a Claudio Lattanzi
Il regista del cult movie Killing Birds sarà ospite della rassegna
Aiuto regista e attore, sceneggiatore, regista e documentarista. Claudio Lattanzi è uno che si è fatto le ossa sul set, ai tempi che furono del miglior cinema horror e thriller di casa nostra, al fianco di nomi quali Argento, Soavi, Massaccessi, Bava e chi ne ha ne metta. Regista del cult movie Killing Birds, e di recente tornato sul mercato con il suo horror Everybloody’s End, Lattanzi sarà ospite della prima edizione di Giallo Berico, rassegna alla quale parteciperà nelle vesti di regista del documentario Aquarius Visionarius – il cinema di Michele Soavi. Non poteva infatti mancare, nella seconda giornata della manifestazione dedicata al thriller, un omaggio a uno dei più grandi nomi del terrore made in Italy. Non perdete allora l’appuntamento il 19 febbraio a Giallo Berico, nel frattempo ecco a voi qualche anticipazione…
Sarai ospite di Giallo Berico, una rassegna che omaggia il thriller made in Italy. Quali sono i tuoi titoli formativi?
Ringrazio Giallo Berico per avermi invitato a questa prima edizione. La mia formazione filmica è stata influenzata durante gli anni da diversi registi: ho amato l’Espressionismo tedesco con i suoi autori, ma anche i noir francesi e gli action americani degli anni ‘50 e ‘60. Sono stati diversi i film che hanno formato il mio percorso. Psycho di Alfred Hitchcock è stato uno di questi: le sue atmosfere e soprattutto le sue tecniche sono state veramente innovative. Sarebbe lungo elencare gli autori che mi hanno affascinato e fatto amare il cinema di genere, ma sicuramente Dario Argento, per quanto riguarda il panorama del cinema italiano. È stato l’autore che ho studiato e amato di più. Il suo cinema mi ha destabilizzato perché più di ogni altro è riuscito a ribaltare totalmente le regole del cinema thriller/horror creando in pochissimo tempo uno stile personale e imitato da molti altri registi.
In occasione di Giallo Berico sarai presente nelle vesti di regista del documentario dedicato a Michele Soavi, Aquarius Visionarius. Soavi è noto per essere molto “restio” ad apparire. Come lo hai convinto?
Da molto tempo avevo in mente di realizzare un documentario sul cinema di Soavi, perché volevo realizzare un’opera filmica completa di un autore che conoscevo benissimo e quindi raccontare in qualche modo tutto il suo mondo filmico. Il problema era che lui aveva sempre rifiutato. Non so sinceramente il vero motivo, ma poi avvenne tutto per caso. Stavo scrivendo un libro sul mio percorso professionale nel genere horror e avevo deciso di intervistare Michele perché per me è sempre stata una figura fondamentale per la mia crescita artistica e volevo che assumesse un ruolo ben preciso, una specie di “Caronte” all’interno della mia opera. Ci incontrammo e fu un pomeriggio bellissimo ricordando le nostre esperienze passate e il nostro primo incontro. E in quell’occasione, ancora una volta, gli proposi di fare un documentario sul suo cinema e chiaramente ancora una volta rifiutò. Se ci penso ora mi viene da sorridere e rifletto su come possano essere strane le coincidenze della vita. Credo che Michele, dopo la mia ennesima richiesta, abbia riflettuto o forse ripensato a quello che gli avevo detto. La stessa sera ricevetti una sua telefonata al cellulare dicendomi che era disposto a essere intervistato e dava quindi il suo assenso affinché il documentario potesse partire. Il destino ha veramente giocato un ruolo di primo piano in questa vicenda.
Si tratta di un’opera che ha partecipato in diversi contesti festivalieri, anche di elevato livello internazionale. Come è stato accolto all’estero e soprattutto quale la tua più grande soddisfazione ottenuta da questo lavoro?
Sì, è vero Aquarius Visionarius è stato proiettato in diversi importanti Festival di settore, come Sitges e il TOHorror, ed è stato sempre accolto benissimo. Ci tengo a dire che non è stato affatto facile realizzarlo, perché volevo creare un’opera di certo mai banale e visionaria, come in definitiva è il cinema di Michele Soavi. Ho cercato di creare un documentario che potesse assomigliare ad un film. Ho girato sceneggiature che venivano sfogliate, ho introdotto riferimenti pittorici, ho approfondito sogni, ho estremizzato i passaggi da un film all’altro anche contrastandoli! Il sacro e il profano sono stati messi sullo stesso piano e ogni fotogramma introdotto è stato studiato, nulla è stato lasciato al caso. Anche la scelta di non seguire mai una cronologia prestabilita è risultata vincente. Inoltre è stato fatto un lavoro enorme di scrittura e di montaggio dove vengono narrati i sogni e le situazioni oniriche di Soavi, sempre presenti nei suoi film. Aquarius Visionarius è il mio atto d’amore verso il suo cinema e credo che questo si percepisca guardando il documentario. Infine, posso dire che la mia più grande soddisfazione è stata quella di aver visto un regista riservato come Soavi mettersi in gioco e raccontarsi in toto per amore del suo pubblico: e questo lo trovo straordinario.
In quanto tempo è stato realizzato?
Aquarius Visionarius è stato realizzato in circa quattro mesi, con il film editor Michele Brogi che in seguito è stato anche il film editor del mio film Everybloody’s End.
Soavi è mai intervenuto nel corso della lavorazione? In qualche modo ha preso parte ai lavori?
Nonostante Soavi all’epoca lavorasse al montaggio della serie televisiva Rocco Schiavone in una moviola accanto alla stanza dove si montava Aquarius Visionarius non è mai intervenuto durante la lavorazione e non ha mai chiesto neanche di vedere nessuna parte del montato. Ha lasciato pieni poteri a me e a Brogi, e di questo lo ringrazierò sempre.
Di recente, hai preso parte anche al primo volume dedicato al cinema di Soavi, L’oscuro visibile di Davide Pulici. Da grande conoscitore del regista, come consideri il libro?
Il libro di Davide Pulici a mio avviso è straordinario, e non lo dico perché in alcuni capitoli ho dato un contributo mettendo a disposizione dell’autore alcuni fatti e conoscenze dell’epoca, ma perché realmente considero questo libro qualcosa di unico per poter conoscere a fondo il cinema di Soavi. Pulici è riuscito a raccontare in maniera semplice e fluida l’intero percorso artistico di un personaggio particolare e affascinante come Soavi. Durante la lettura de L’oscuro visibile si riesce veramente a comprendere un cinema visionario e stratificato, personale e folle, insieme a un percorso di vita che delinea in maniera compiuta chi è Michele Soavi. E questo indubbiamente è un grande pregio.
Dopo Everybloody’s End cosa ci dobbiamo aspettare da Claudio Lattanzi? Stai lavorando a qualche altro progetto?
Everybloody’s End è stato sicuramente il film “di svolta” nel mio modo di raccontare una storia horror. In qualche modo ho iniziato un nuovo percorso che mi porterà a esplorare in maniera diversa la paura e l’inconscio in un’opera filmica. Sì, ho alcuni progetti già scritti, ma sono molto scaramantico e vorrei non anticipare nulla. Posso solo dire che nel mese di gennaio dovrebbe partire qualcosa di “particolare” e folle con al mio fianco Davide Pulici. Speriamo solo che la situazione pandemica non peggiori e quindi il tutto non slitti a data da destinarsi. Comunque sono molto positivo e fiducioso.
Sei noto per essere “ossessionato” dal cinema di Argento. A breve uscirà il suo nuovo thriller. Hai aspettative in merito?
“Ossessionato” dal cinema di Argento è la parola giusta: la mia adolescenza è stata influenzata dai suoi film e senza di lui non avrei fatto sicuramente cinema. Sapere che Dario a distanza di molti anni è tornato su un set a dirigere un thriller è una notizia che mi riempie di gioia, e ho molte aspettative in merito. Sono stato anche sul set a trovarlo e ho ritrovato il regista determinato e visionario che ho conosciuto negli anni ‘80 e con cui ho avuto l’onore di collaborare. Spero che il Maestro mi prenda ancora una volta per mano e mi faccia viaggiare con “i sanguinosi fantasmi della sua coscienza”.