Speak No Evil
2022
Speak No Evil è un film del 2022, diretto da Christian Tafdrup.
Qual è la prima fondamentale regola che la cara mammina ci ha insegnato? Mai dar retta agli sconosciuti, giusto? E allora per quale stramaledettissimo motivo, una volta cresciuti, il rischio di ricadere nello stesso fatidico errore torna a farsi così alto? Un errore che in effetti rischia di costare caro a una dolce famigliola danese sprovveduta e pericolosamente incapace di captare a chilometri di distanza la viscerale oscurità irradiata da un’equivoca e malevola coppietta di conoscenti olandesi. È infatti una stranissima amicizia quella che sta al centro di Speak No Evil, nata forse tutt’altro che casualmente fra le lande vacanziere della ridente Toscana e trasformatasi in un’autentica odissea di terrore durante un tutt’altro che tranquillo weekend di paura nella desolata terra dei tulipani e dei mulini a vento. Un ombroso e traumatizzante viaggio nell’incubo – ben esemplificato da quell’inquietante arrivo in auto nel cuore dell’italica notte che precede i titoli di testa – a confronto del quale l’ombrosa discesa all’inferno di Coming Home in the Dark pare piuttosto un’allegra scampagnata fra le attrazioni di Disneyland. Giunto alla sua opera terza, possiamo ormai affermare con una certa sicurezza che, almeno da un punto di vista prettamente cinematografico, il buon Christian Tafdrup pare ancora avere una serie di gravi problemucci in materia di rapporti sociali.
Dopo le sovrannaturali beghe interfamiliari di Parents e il diabolico ménage amoroso di A Terrible Woman, stavolta il ruvido cineasta danese dipinge con Speak No Evil – che nulla ha di che spartire ovviamente, all’infuori del titolo, con il dimenticabilissimo possession movie diretto in evidente ristrettezza di mezzi e idee da tal Roze nel 2013 – la cronaca di un allucinante e oscuro disastro che si abbatte come un uragano sul povero terzetto composto da Bjørn (Morten Burian), Louise (Sidsel Siem Koch) a la piccola Agnes (Liva Forsberg), nel momento in cui i nostri ridenti sudditi della corona danese decidono a cuor leggero di accettare l’invito a passare un fine settimana di relax nell’isolata magione di proprietà dei neo amichetti olandesi Patrick (Fedja van Huêt), Karin (Karina Smulders) e il di loro problematico figlioletto Abel (Marius Damslev). Ben presto tuttavia la convivenza inizierà a farsi sempre più tesa e sinistra, grazie a tutta una serie di piccoli perturbanti indizi creepy mostrati dagli inquietanti padroni di casa – una strana ossessione verso le pietanze di carne, brusche invasioni alla sacra privacy dell’altrui gabinetto, improvvisi scatti d’ira e un sanguinoso segreto dietro l’apparente mutismo del piccolo bambinetto autistico – che si riveleranno solo il debole preludio a una verità tanto scioccante quanto inevitabilmente mortale.
Raramente nel corso di un intero film si è provata un’ansia così profonda da voler sfondare la magica parete dello schermo con l’intento di agguantare per la collottola i nostri protagonisti e urlargli diritto in faccia: «scappate finché siete ancora in tempo!». Anche perché, a dirla tutta, nonostante di occasioni per darsela a gambe i nostri biondi amichetti ghiotti di merluzzo bollito ne abbiano avute parecchie durante i tesissimi novanta minuti di Speak No Evil, pare proprio che il loro evidentemente basso quoziente intellettivo li abbia voluti tenere prigionieri fra le sciccose quattro mura di una moderna casa degli orrori con tanto di sauna e angolo cucina in legno massello. Basterebbero infatti quelle morbose insistenti attenzioni nei confronti della piccola Agnes così come il deridente astio nei confronti del vegetarianismo dell’algida Louise a convincere chiunque a fare armi e bagli all’istante e a salutare per sempre la patria degli zoccoletti di legno e del caro Rembrandt. Ma sta di fatto che i nostri, come si soul dire, so’ proprio de coccio, forse incapaci di resistere al dominatorio fascino passivo-aggressivo di una coppia così folle ed enigmatica al cui confronto i mortiferi coniugi di Erba paiono i protagonisti di una rom com di John Hughes. Ed è appunto una viscida, strisciante e malevola inquietudine quella che cresce e serpeggia in ogni fibra e in ogni inquadratura della creatura ideata da Tafdrup, raggiungendo il proprio apice in un finale così scioccante e terribile nella sua naturale semplicità da dimostrare ancora una volta come, attraversato l’Oceano Baltico, il Male è già bello che pronto ad accoglierci nel sangue con un bel piatto di aringhe affumicate.