Spector
2022
Spector è una serie tv del 2022, diretta da Don Argott e Sheena M. Joyce.
Per chi non lo sapesse, Phil Spector è stato uno dei personaggi in assoluto più importanti, geniali e influenti della storia evolutiva della musica pop. E lo è stato non soltanto come autore di brani che hanno finito per imporsi nella memoria collettiva (un titolo su tutti: “Be My Baby”, cantata dal trio delle Ronettes, di cui faceva parte la sua futura moglie Ronnie), ma anche come scopritore di talenti e produttore discografico, spesso assurgendo al ruolo di direttore creativo e dunque di supervisor in relazione a ogni aspetto del processo realizzativo. In particolar modo, durante i primi anni Sessanta Spector divenne noto per la sua tecnica nota come Wall Of Sound, tesa a sfruttare le possibilità della registrazione in studio per creare sonorità insolitamente dense e spiccare attraverso le radio e i jukebox dell’epoca. Una parte suonata da un pianoforte acustico veniva doppiata, ad esempio, da un pianoforte elettrico e da un clavicembalo, cui andava ad aggiungersi un particolare utilizzo della camera dell’eco atto a potenziare, con effetti di riverbero, la resa sonora finale. Un approccio alla musica definito dallo stesso Spector “wagneriano”, che in sostanza permetteva ai brani da lui prodotti di assumere la forma di “mini-sinfonie”.
Ma se da una parte la fama e le finanze dell’uomo si accrebbero notevolmente, in quegli anni di slancio creativo, dall’altra cominciarono a emergere con sempre più prepotenza i tratti folli e ambigui della sua personalità, e in tanti furono testimoni diretti delle di lui tendenze narcisiste e ossessive, nonché di quella sua certa smania per le armi da fuoco. Durante le sessioni per l’album Rock ‘n’ Roll di John Lennon, Spector sparò “per scherzo” al soffitto dello studio, investendo pericolosamente l’udito dell’ex Beatles (sfortuna volle che l’autore di “Imagine” restò poi ucciso per i colpi di pistola di un altro psicopatico, Mark David Chapman). Parte di quella inquietante “eccentricità” trovava radici nelle problematiche interne alla sua famiglia biologica, la cui storia era interessata dal disturbo mentale, e con l’andare del tempo Spector divenne sempre più enigmatico. Alla fine degli anni Settanta, dopo aver fatto quasi impazzire i Ramones producendoli sull’album End Of The Century, si ritirò nelle stanze oscure della sua labirintica dimora, nei fatti un immenso castello situato nella località di Alhambra, California. Fu lì che la sventurata Lana Clarkson, attrice minore di cinema la quale lavorò anche in Italia come modella, troverà brutalmente la morte in una triste nottata d’inizio febbraio 2003. Ad assassinarla, guarda caso con un colpo di pistola (in bocca), lo stesso Phil Spector.
A ben vedere, però, l’intento di Sheena M. Joyce e Don Argottera, coloro che hanno diretto i quattro episodi di questa docuserie a firma Showtime, non sembra essere tanto investigare la gravità del fatto, già intrinseca all’omicidio, quanto più guardare alle trame della battaglia legale attraverso cui si cercò ignobilmente, complici le televisioni e la carta stampata, di infamare, in particolare durante il primo dei due processi dedicati al caso, la figura della bella e umile Clarkson, qui ricordata con estremo rispetto anche dal mitico Roger Corman. Un gioco al massacro che sia Spector, spietato dissimulatore, che la sua preparatissima difesa, operarono per trasformare quello che si sarebbe profilato come uno dei fatti di cronaca nera più tragici della Hollywood anni Duemila in un più semplice caso di suicidio (Spector, ciononostante, subì una condanna a diciannove anni di reclusione, per poi trapassare all’età di ottantuno anni nel gennaio 2021).