Babylon
2023
Babylon è un film del 2022 scritto e diretto da Damien Chazelle.
Con il film Babylon Damien Chazelle evoca gli ultimi giorni dell’era del cinema muto a Hollywood, descrivendoli come una festa senza fine in un momento storico in cui il cinema sta vivendo la prima delle sue numerose morti a cui poi andrà incontro. La fine della settima arte sarà infatti invocata con grande regolarità: prima la televisione, poi le cassette VHS, poi i DVD e i Blu-Ray. Attualmente è lo streaming che dovrebbe finalmente distruggere il cinema. Se si aggiungono i problemi che sono diventati ancora più eclatanti a seguito della pandemia, si può facilmente giungere alla conclusione che il cinema, almeno quello un po’ più esigente e ambizioso della Marvel e della Warner Bros, non se la stia passando così bene in questo momento. Forse è questo stato d’animo che attualmente sta portando molti registi (vedi anche Spielberg con The Fabelmans) a dare uno sguardo nostalgico al periodo d’oro del cinema e a invocare la magia dell’arte cinematografica, per sostenere il cinema come un luogo speciale dove accadono cose che sul proprio divano, attraverso Netflix o Amazon Prime, non possono accadere. Ma Damien Chazelle va oltre nel suo esuberante e maledettamente eccessivo, ma anche ingenuo e nostalgico Babylon.
Il titolo dell’epopea di tre ore piene (mai noiose) si riferisce meno all’antica Babilonia e ai suoi tanto decantati giardini pensili quanto probabilmente al libro del francese Kenneth Anger “Hollywood Babylon”, una raccolta di storie più o meno vere pubblicata nel 1959 sulle stravaganti vite delle star dell’era del cinema muto. Babylon inizia con una festa orgiastica, una celebrazione eccessiva piena di droga, alcol, sesso, elefanti, nani e quant’altro; di questa festa, come pure di altri quadri corali rappresentati nel film, vanno lodati il potere visivo e visionario, la capacità di dipingere quadri preziosi ricchi di dettagli in cui la tecnica contemporanea non stona, anzi impreziosisce, descrizioni di eventi risalenti all’epoca della Grande Depressione, un periodo storico che proprio per la sua familiarità con eccessi e contraddizioni ha da sempre ispirato memorabilmente il mondo del cinema.
In questa festa si incontrano per la prima volta i tre protagonisti principali: il furbo Jack Conrad (eccezionale Brad Pitt), una delle grandi star del cinema muto, la lasciva Nellie LaRoy (Margot Robbie, in una interpretazione indimenticabile), che vuole disperatamente diventare una star, e il migrante messicano Manny Torres (Diego Calva), una sorta di buona coscienza del film. In episodi quasi sciolti, Chazelle descrive la vita del trio nella tarda era del cinema muto, una fase del cinema che – almeno nella visione di Chazelle – era caratterizzata da un’assoluta libertà artistica e sessuale. Tuttavia, poiché nessun paradiso dura per sempre, anche questo momento deve finire, e sarà l’avvento del film sonoro, il “talkie”, a provocarne la caduta. All’improvviso sul set deve esserci silenzio, all’improvviso non basta più avere un viso espressivo, ma è necessaria anche una voce piacevole. Non è un caso che questa storia suoni molto familiare, e anche Chazelle non fa mistero del fatto che sia chiaramente basata su uno dei grandi classici di Hollywood: Singin’ in the Rain che è servito come modello per Babylon. Si potrebbe quasi definire il film di Chazelle un remake del musical, solo in forma di tragedia: la stella di Jack Conrad sta cadendo, gli eccessi di Nellie si fanno sentire, persino Manny si lascia trasformare in una pedina del sistema.
Chazelle vuole evocare la inarrestabile caduta di un’epoca, contrappone il sistema del cinema muto agli inizi del film sonoro, la libertà alla coercizione, e si sforza anche, in questa dicotomia, di dare spazio alle problematiche di razzismo e sessismo che hanno da sempre risuonato e non solo a Hollywood, mostrando il caro prezzo che poteva costare l’ingresso nel mondo del cinema, soprattutto a certe categorie sociali. Un ruolo a parte tocca alla musica, sempre fondamentale nei film di Chazelle non solo per la bellissima colonna sonora del fido Justin Horwitz, ma proprio per la costante funzione che essa mantiene sia nel cinema muto che in quello parlato. Alla fine di Babylon una sequenza di montaggio conduce al cinema del presente, e Chazelle evoca in modo indiscutibilmente toccante la magia del cinema come luogo in cui le persone si incontrano e vedono e vivono insieme immagini mozzafiato; lui ama il cinema, crede nella sua arte, può anche sperare di salvare il cinema con un film come Babylon, ma il suo sguardo sembra meno concentrato sul futuro dell’arte che sul suo passato. È infatti soprattutto in fasi del passato, in cui sono accadute cose idealizzate e glorificate nella memoria, che spesso si trovano le risposte; più si venerano queste fasi della storia, meglio si sa di loro e dei loro aneddoti, più avvincenti sembrano i film che Chazelle ha realizzato su di loro. Senza nostalgia, tuttavia, difficilmente funzionerebbero, il che porta forse alla domanda cruciale: il cinema può davvero essere salvato invocando il suo passato? Solo il futuro lo dirà.